Uzak 45 | inverno/primavera 2024

Rapsodie

Mariangela Sansone
21-03-2019

Gli occhi deragliano tra le nuvole in lento movimento, ne seguono gli spostamenti, con un ritmo ipnotico, come in una danza arcaica, si perdono negli spazi sconfinati, si elevano al di sopra di ciò che è terreno, spingendosi oltre, verso approdi mitologici. La visione della mdp è rapita da una natura arsa dal sole, in un bianco e nero tagliente e lancinante, echi poetici in cui il vento canta la sua canzone tra i rami degli alberi. Un incipit di una bellezza straziante, una sinfonia, armonica e sontuosa, in cui il tempo è dettato dalla natura e dalle sue sonorità.

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Marika Consoli
14-03-2019

La recente monografia sul regista di Pozzolengo, edita sull’ultimo numero del Quaderno del Cinemareale (novembre 2018, anno III, N. 3), accoglie visioni screziate su un’opera che si presenta unica, originalissima, assolutamente costitutiva di un modo di fare cinema che è modo di guardare, di esistere e di stare al mondo. La prassi della creazione, che passa per la scrittura, per l’esperienza sensoriale delle riprese e poi anche per il costituirsi progressivo delle scene, porta alla luce tutto un dispositivo in divenire che si mostra attraverso le ri-costruzioni critiche e di poetica sia degli autori che dello stesso Piavoli.

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Martina Puliatti
25-02-2019

All’esterno della modesta abitazione di Earl Stone, in Illinois, sventola appesa una bandiera a stelle e strisce, nobile vessillo d’America. È il primo dettaglio a risaltare nell’inquadratura con la quale si apre il film di Clint Eastwood – non avrebbe potuto essere altrimenti – , che poco dopo non manca di rimarcare con irriverenza un veloce scambio verbale con i dipendenti messicani della sua attività di floricoltura.

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Mariangela Sansone
25-02-2019

Filmare l’epos, portare sullo schermo la storia, la leggenda del mito fondativo di Roma non è cosa semplice, si rischia di avventurarsi in una strada impervia, non priva di ostacoli, eppure Matteo Rovere, regista e produttore, con la sua nuova opera, Il primo Re, tenta una nuova dialettica filmica, arricchendo il panorama del cinema italiano e definendo una nuova mappatura cinematografica, non solo tra i generi e i nostri ristretti confini, ma nella sua intera e globale dimensione.

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Elvira Del Guercio
07-02-2019

Provando a decriptare l’Angelus Novus di Paul Klee, incuneandosi nel ghigno misterico, quasi leonardesco del volto sgomento, tremante davanti al marasma, Benjamin esplica la sua visione della storia: nel fatuo attendere la rigenerazione, scongiurando il dovere della testimonianza – unica redenzione possibile verso la contemplazione delle cose che ci circondano – e quindi della ricerca, acuminata e soprattutto controversa, nell’ambito delle “possibilità non date”, l’uomo-angelo viene trascinato via, sospinto dal vento e dal tempo di quegli orrori che, invece, vorrebbe stare a guardare, contemplare.

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Mariangela Sansone
01-02-2019

«...siamo oggetti del desiderio solo in quanto corpi. Il desiderio resta sempre, in ultima istanza, desiderio del corpo, desiderio del corpo dell'Altro, e nient'altro che desiderio del suo corpo.»

(J. Lacan - Seminario X - L'angoscia)

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Elvira Del Guercio
27-01-2019

C’è un’esigenza nel Suspiria di Luca Guadagnino che è piuttosto il compendio di una poetica a sé stante, semovente, e fatta di gestualità e materia esperite in forma mobile, in continuo modificarsi: un’esigenza vivida, flagrante, di spogliare il corpo per tornare al suo linguaggio, invece di coprirlo, per alludere o suggerire; e non è un caso che le danzatrici sia in Volk che nel sabba finale - lì senz’altro per comunicare la portata ancestrale, dal significato quasi pagano della danza – si muovano nude, o quasi nude, invasate come fossero delle menadi.

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Lucia Dell'Aia
24-01-2019

Pubblicato per la prima volta nel 1967 e ripubblicato postumo nel 1995, Germania segreta di Jesi ritrova una nuova veste editoriale a cura di Andrea Cavalletti nel volume che qui recensiamo, il quale accoglie anche interessanti materiali inediti in appendice.

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Cristina Piccino
17-01-2019

*Riprendiamo l'articolo scritto da Cannes da Cristina Piccino e uscito sul «Manifesto» del 15 maggio 2018.

Lucia (Alba Rohrwacher) è geometra. Durante un rilevamento catastale alza l’occhio dal distanziometro e vede una donna con un velo sul capo che le si rivolge in una lingua incomprensibile. Pensa sia una rifugiata e non le fa troppo caso, ma la stranezza della situazione è chiara anche a chi non riconosce l’ebraico antico con cui la signora si è espressa.

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Luigi Abiusi
05-12-2018

Già al tempo dei Rencontres d'après minuit (2013) di Yann Gonzalez ipotizzavo l'inizio, così incerto, forse del tutto sognato, di una sorta di poetica - evanescente, appannata, sfumante nel prorpio originario niente - del sogno, nei primi anni Dieci di questo nuovo secolo, quando del resto già Héléna Klotz aveva presentato a Berlino L'Âge atomique (2012) ed evocato il notturno, traslucido palpaitare della giovinezza in corpi così senzienti, dolenti, anelanti alla propria pienezza, alla propria estasi, da non reggere a questo peso e trascolorare in fosforescenza, veglia, lacrima brillante, cioè in musica, nell'ondeggiare dei synth, del dream pop, dell'elettronica eterea, malinconicamente retro.

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