Lo Stato delle cose

Saggi di cultura cinematografica, protesi verso il proprio altro, filosofia, semiologia, letteratura, politica, ecc., per (cercare di) inquadrare lo stato delle cose.

Luigi Abiusi

Luigi Abiusi

altMentre in sala arrivano film importanti, comunque li si veda, la si pensi, ecc. - penso a Nymphomaniac, magari a Noah, che non ho ancora visto; il che non mi impedisce di avere più aspettative, paradossalmente (e il paradosso sarebbe dato da caratteristiche come la ”colossalità” hollywoodiana e una mancanza di autorialità, almeno in apparenza; ma allora mi viene in mente anche The Counselor, che pur dentro il “genere” non manca di meditazioni esistenziali mettendo addirittura Machado in una paradossale conversazione telefonica), dico, più aspettative da Aronovsky (magari dalla patinatura delle sue immagini, già declinate, anzi proprio sublimate, in senso gotico nel suo Black Swann) che da un Lars Von Trier forse un po' prevedibile nei suoi ruvidi e umbratili allestimenti dell'umano; ma sono pronto a ricredermi, come quando vidi Antichrist che m'affascinò non poco -; e a Gran Budapest Hotel di Wes Anderson, facile obiettivo di una critica ieratica, che non va oltre le apparenze ludiche di certo cinema postmoderno; e ancora al Jim Jarmush accorato e innocente di Solo gli amanti sopravvivono; mentre accade tutto questo nelle sale, mi viene da pensare che un film che sarebbe imprescindibile probabilmente non verrà mai visto se non forse grazie, ancora, a Fuori Orario che, mi risulta, avrebbe acquistato o starebbe per acquistare, i diritti per tre o quattro passaggi televisivi de Les Rencontres d'apres minuit. Film che è diventato anche il manifesto (l'affiche) della “Semaine de la critique” al Festival di Cannes che sta per cominciare. E su cui basta fare un nome su tutti: Jean Luc Godard. Ma anche Cronenberg, cui sceneggiatore è quel Bruce Wagner che la scorsa primavera invitammo qui in italia (a Bari) a tenere una master class per la rassegna “Registi fuori degli schermi”.

Michele Sardone



Abbiamo incontrato Michelangelo Frammartino in occasione dell’incontro a lui dedicato all’interno della terza edizione della rassegna Registi fuori dagli sche(r)mi. I suoi lavori sono diventati termine di paragone imprescindibile per coloro che vogliano cimentarsi con una sorta di cinema contemplativo e naturalista, sebbene Frammartino si senta più vicino a cineasti come Cronenberg, condividendone la ricerca per una sorta di fusione, attraverso l’occhio meccanico della cinepresa, con l’immagine.

Matteo Marelli, Vincenzo Martino, Michele Sardone

Matteo Marelli, Vincenzo Martino, Michele Sardone

Durante il secondo appuntamento della rassegna Registi fuori dagli sche(R)mi III, abbiamo incontrato Jan Soldat in seguito alla proiezione del suo documentario Der Unfertige, presentato all'ultimo Festival del Cinema di Roma. Caratterizzata da un rigore formale mai fine a se stesso, la (se pur breve) cinematografia di Soldat si è affermata non tanto per la scabrosità dei soggetti rappresentati quanto per lo sguardo autoriale privo di qualsiasi giudizio o intromissione.

Nicola Curzio - Matteo Marelli

Nicola Curzio - Matteo Marelli

Questa intervista non comincia.
Affiora nel farsi d’una chiacchierata con Mirko Locatelli, due settimane prima della sua partecipazione alla terza edizione di Registi fuori dagli sche(r)mi.
Negando un inizio smentiamo in partenza la possibilità di un centro. Resta, come cosa certa, soltanto il punto d’arrivo, con i nostri ringraziamenti per la disponibilità dimostrataci.
Abbiamo deciso, anche per rispettare le indicazioni di messa in scena emerse durante il discorso, di intervenire il meno possibile a posteriori. Giusto qualche levigatura per rendere più agile la lettura. Domande e risposte si succedono secondo il disordine della conversazione.
Pensate quindi a questa intervista non come a un serrato scambio di campi/controcampi, ma a un ininterrotto piano sequenza, che coinvolge nel quadro tutti gli interlocutori assieme.

Leonardo Gregorio

Leonardo Gregorio

È teatro privato, personaggi sul palcoscenico di un altro pianeta, Les rencontres d’après minuit. Ali, Matthias, Udo, La Stella, Lo Stallone, La Cagna e l’Adolescente in una casa pronta a fare dei loro corpi un’orgia e la musica sintetica degli M83 a svelarne le anime. Un film come oggetto misterioso che lentamente si schiude, un sogno con personaggi in cerca d’amore, più che d’autore, visioni debordanti a pulsare un sentimento (la necessità e la mancanza) delle cose, dell’umanità, del mondo, per diventare meraviglia, libero e rigoroso gioco infinito del cinema. Delle sue forme, delle sue possibilità. Presentato alla Settimana Internazionale della Critica al Festival di Cannes 2013, approdato in Italia lo stesso anno al Milano Film Festival e recentemente al Cineporto di Bari come capitolo finale di Registi fuori dagli Sche(r)mi III, Les rencontres d’après minuit è il primo lungometraggio di Yann Gonzalez (fra i dieci migliori film del 2013, secondo i Cahiers du cinéma). Francese, classe 1977, il regista guarda al cinema – che conosce, e molto bene – con gli stessi occhi di quando, bambino, nelle videoteche, ha scoperto di amarlo senza averlo mai visto.

Alessandro Cappabianca

Alessandro Cappabianca

alt«Con alterna chiave
tu schiudi la casa dove
la neve volteggia delle cose taciute.
A seconda del sangue che ti sprizza
da occhio, bocca ed orecchio
varia la tua chiave.
Varia la tua chiave, varia la parola
cui è concesso volteggiare coi fiocchi.
A seconda del vento che via ti spinge
s'aggruma attorno alla parola la neve.»

(Paul Celan, Con alterna chiave)

Andrea Bruni

Andrea Bruni

altOltre la soglia

«I manicomi sono ricettacoli di magia nera consapevoli e premeditati/e non solo perché i medici favoriscono la magia con le loro cure intempestive e ibride/loro ne fanno» (Antonin Artaud, Alienazione e magia nera, 1946, dopo nove anni di ricovero coatto).

Chi si ricorda di Charles “Chas” Addams, maestro di humor noir, implacabile vignettista di «The New Yorker», il papà della più amorevole e scombinata delle famiglie assassine. Bene, pare (pardon, ma qui ci si nutre di leggende) che il babbo di Morticia, Gomez & C., una volta all’anno si stancasse del quotidiano, costante, “paso doble” sul baratro della follia, e decidesse di fare il gran salto, di lasciarsi andare oltre il bordo di quell’orrido, di quel precipizio ghignate. Addams allora disegnava una vignetta talmente raccapricciante, abbozzava un disegno presago di innominabili atrocità che, neanche il tempo di posare il pennino, e due nerboruti infermieri – camicia di forza ben stretta fra le manone – suonavano alla porta di casa sua…
Lasciarsi andare: allucinatorio manifesto per cinetiche extravaganze. Oltre la soglia.

Francesco Saverio Marzaduri

«È l’arte che è diventata pornografia o è la pornografia che è diventata arte?» (Franco Fabrizi, Action, 1980)

«È chiaro che il mondo è puramente parodistico, qualsiasi cosa si guardi è la parodia di un’altra, o ancora la stessa cosa sotto una forma ingannevole.» (Georges Bataille, L’ano solare, 1927)

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