Figura Intera

Inafferrabile. Indescrivibile, proprio perché, nonostante l’epoca, irriproducibile. Qui si prova a darne conto. Ma «da capire non ci deve essere nulla perché il teatro, in nome di Dio, ha da esser gioco e non pensamento». (Carmelo Bene)

Stefano Casi


altPrologo

Irina e Otello sono due ingenui. Due diversi. Assediati dagli appetiti. Incapaci di reagire se non con la violenza: verso sé o verso gli altri. In Cechov (Tre sorelle) e in Shakespeare (Otello, il Moro di Venezia), Irina e Otello sono due eroi perdenti, dalla forte volontà, ma incapaci di amare. In Copi (L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi) e in Pasolini (Che cosa sono le nuvole?), Irina e Otello hanno istinti primari, non mediati, e sono incapaci di esprimersi. Comunicano a monosillabi o a frasi fatte. Ma il loro parlare non muove il mondo: semmai è il mondo a muoversi attorno a loro. Stritolandoli.

Stefania Rimini

Stefania Rimini

altLa sfida è riuscire a far muovere una macchina senza benzina ma con del carburante ardente e alternativo. Perché non tentare di utilizzare il tempo di una rappresentazione teatrale per agire sulla carica visionaria ed energetica che proprio l’arte scenica porta inscritta? Perché non provare a trasformare il contratto teatrale in una formula aperta di reciproco scambio, andando a destrutturare lentamente, dall’interno, la prossemica della relazione tra chi agisce e chi guarda? Attuare degli spostamenti progressivi, dentro alla geografia dello spazio scenico, ma, sia ben chiaro, senza alcun coinvolgimento forzato dello spettatore. (Nella tempesta. Motus)

Laura Mariani

Laura Mariani

Mi si chiede una scheda del libro, pubblicato più di un anno fa. È uno stimolo a riandare sul sito del Teatro delle Albe, dove alla voce “novità” sono raccolte tutte le recensioni, per trarne brani di presentazione ed evidenziare alcuni nodi proposti dai recensori (a malincuore non citando, per evitare ripetizioni, quanto è stato scritto su «dramma.it» , «Hystrio», «il manifesto», «La voce di Romagna», «Prove di drammaturgia»… ). Su quei nodi non interverrò: le domande ben poste possono essere più stimolanti delle risposte.

Giampiero Raganelli

Giampiero Raganelli

Antonio Latella è una delle figure di maggior spicco della scena teatrale italiana e internazionale, dividendosi tra i palcoscenici nazionali e quelli tedeschi. Tra gli ultimi lavori vanno annoverati i memorabili Un tram che si chiama desiderio, Francamente me ne infischio, A. H., Il servitore di due padroni. Abbiamo incontrato Latella presso l’accademia Campo Teatrale, dove era impegnato in una Masterclass, in concomitanza con l’allestimento milanese di Il servitore di due pardoni.

Matteo Marelli

Matteo Marelli

«Hitler è stato sconfitto ma come tutti i grandi mali non è stato ucciso, si è ucciso per non morire, per custodire l’orrendo segreto della sua nascita. Com’è stato possibile che il cancro Hitler sia entrato nel cuore di milioni di persone […]?» (Latella)
È questo che si chiede Antonio Latella in A.H.. Le due iniziali rimandano per l’appunto a colui che è ritenuto incarnazione novecentesca dell’orrore che ha segnato l'Europa.
Il regista, supportato dall’attore Francesco Manetti qui in un assolo interpretativo che lo fa di diritto coautore dello spettacolo, si interroga su tutte le varie metamorfosi che il male può attribuirsi, cercando allo stesso tempo di cogliere ciò che ne sta all’origine. E la risposta è nella menzogna.

Matteo Marelli

Matteo Marelli

Il servitore di due padroni di Antonio Latella, per dirla pasolinianamente, è spettacolo che si presenta sotto forma di edizione critica di un testo considerato monumentale: l’omonima commedia goldoniana, di cui sono rispettati i personaggi («Pantalone de’ Bisognosi; Clarice, sua figliola. Il Dottor Lombardi; Silvio, di lui figliolo. Beatrice, torinese, in abito da uomo sotto nome di Federigo Rasponi; Florindo Aretusi, torinese di lei amante. Brighella, locandiere; Smeraldina, cameriera di Clarice. Arlecchino/Truffaldino, servitore di Beatrice e poi di Florindo» [Goldoni 2002, p. 4]), gli intrecci drammaturgici, ma arricchita di intromissioni intertestuali, tanto da tramutarsi in opera aperta, quindi non compiuta e definita, che mentre si mostra allo spettatore rivela i meccanismi del suo farsi.

Luca Romano



La narrazione inizia con dei corpi che, nell’essenza di corpi, non possono far altro che stentare nel respiro. I sacchetti sulla bocca si riempiono e si sgonfiano nell’attesa che il pubblico si sieda. Il corpo, come sempre, negli spettacoli di Ricci/Forte (Grimmless, Still Life e Imitation of Death andati in scena all’interno della cornice del Teatro Kismet Opera), cattura l’attenzione e si espone. In Imitation of Death, il corpo vuole mostrarsi diverso dall’oggetto, il soggetto si costituisce come qualsiasi cosa non sia morte, non sia cosa, appunto. La costruzione dell’essere vivente passa poco per volta, di grado in grado, dal respiro al movimento, prima difficoltoso, doloroso, poi, in fine, agevole nella musica, terzo e ultimo passaggio fondamentale.

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