Speciale Berlino 2016

Massimo Causo

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Cinema fluviale, in galleggiamento tra acque, figure, battelli e fantasmi d’amore, come un Atalante alla deriva nel presente della Cina: Crosscurrent (Chang Jiang Tu) è l’opera seconda di Yang Chao, in Concorso alla Berlinale 66, film in sospensione lirica tra tempo e spazio, sospinto sul fiume Yangtze che taglia la Cina dal Tibet sino a Shanghai.

Massimo Causo

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altIl corpo assente (e permanente) della rivoluzione

La cristologia rivoluzionaria fa tutta riferimento al corpo assente nella risurrezione, al continuo rimandare la verità della liberazione: Lav Diaz ne è ben consapevole e fa di A Lullaby to the Sorrowful Mystery una testimonianza sacrale del tempo tradito dell’attesa rivoluzionaria del popolo tagalog. Come fosse una sacra rappresentazione, facendosi carico con la consueta laica consapevolezza del portato cattolico dei vissuti popolari della sua gente, Lav Diaz si spinge in un fluviale racconto che disloca la storia nel mito e il mito nella verità astratta della natura.

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altUna casa, anzi due, contigue e alternative, come è sempre un po’ tutto nel cinema di Kiyoshi Kurosawa. Il suo nuovo film, Creepy (a Berlino 66 in Berlinale Special), resta immancabilmente ancorato all’idea di un mondo in cui la specularità e lo sdoppiamento sono la chiave di accesso alla natura implicita dell’esistere. Lo avevamo lasciato in Kishibe no Tabi (Vers l’autre rive, lo scorso anno a Cannes) sospeso alla transitoria immaterialità della vita reale, in bilico tra la quotidianità di una vedova e l’altrove di un marito morto anni addietro, eppure ancora presente nel suo tempo.

Massimo Causo

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altIl nocciolo della questione coloniale continua a percorrere il cinema portoghese, una sorta di eco che risuona nelle trame di un filmare fatto di distanze da coprire con un immaginario che prende forma dalle ombre della Storia. Basti pensare al recente John From di João Nicolau, visto al Torino Film Festival, o alle avventurose deviazioni narrative di Miguel Gomes in Tabu. E’ tutto un gioco di elaborazioni in trasparenza, tra testo lontano, contesto presente, allitterazioni immaginifiche che suscitano fantasmi rimossi della coscienza o anche flussi di memoria che appartengono ad altre generazioni e ritornano nel presente come una manciata di coriandoli che non riesci a toglierti di dosso.

Massimo Causo

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altLa questione con il cinema di Gianfranco Rosi sta sempre nel livello di astrazione che cerca. Il discorso vale anche per Fuocoammare (Berlinale 66, Concorso), che si colloca a Lampedusa, in quello che è stato l’avamposto dell’emergenza umanitaria degli immigrati ora diffusa su altri fronti di avvistamento e ammassamento dei profughi. Il suo punto di contatto con la realtà si sposta sempre un gradino più in alto del suolo, assume una prospettiva simbolica che è, allo stesso, tempo, la ragione del suo fascino e il motivo del sospetto che può generare.

Massimo Causo

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altIl contrasto, nel cinema di Jeff Nichols, è sempre tra la fuga e il ritorno: credi sempre che le sue siano storie in cui tutto ruota attorno alla necessità di fuggire, fisicamente o anche solo psicologicamente, moralmente, ma poi ti accorgi che la partita si gioca solo e soltanto sull’esigenza di tornare al punto di origine, di concentrarsi in un centro in cui tutto può trovare una sua collocazione. E’ così anche in Midnight Special (Berlinale 66, Consorso), che in tal senso spinge ancora più oltre questo criterio logico.

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