Inafferrabile. Indescrivibile, proprio perché, nonostante l’epoca, irriproducibile. Qui si prova a darne conto. Ma «da capire non ci deve essere nulla perché il teatro, in nome di Dio, ha da esser gioco e non pensamento». (Carmelo Bene)
Luca Pacilio
La rassegna “TorinoDanza” da anni sembra testimoniare del grande cambiamento in atto nel mondo coreutico, in una disciplina (sempre più indisciplinata…) che continua a ridisegnare i suoi territori, facendoli confinare con quelli del teatro, con la street art, con le arti visive e performative, in un ambito misto in cui tecnica, tradizione e libertà espressiva si confrontano proficuamente.
Matteo Marelli
Cominciamo dal titolo, risalendo alla sua origine: “eresia”, nel greco classico, significa «presa, scelta, elezione, inclinazione verso qualcuno o qualcosa» (Enciclopedia Treccani). Volendo potremmo quindi parafrasarlo così: scelta della felicità. A monte, dunque, di questa Creazione a cielo aperto per Vladimir Majakovskij c’è un preciso atto di volontà, che è innanzitutto un atto dovuto nel momento in cui si decide di lavorare con corpi incolti, ovvero «bambini pieni di grazia – e – adolescenti sgraziati in bilico tra l’età dell’oro e l’età del grigio (per questo, forse, ancor più commoventi)» (Martinelli in Ponte Di Pino 2014, p. 9); perché toccherà a loro «strappare/la gioia/ai giorni futuri», malgrado «In questa vita – come il poeta ricorda nei versi dedicati A Sergèj Esènin –/non è difficile/morire./Vivere/è di gran lunga più difficile» (Majakovskij 2004, p. 127).