Speciale Venezia 2016

Valentina Dell'Aquila

Valentina Dell'Aquila

alt«Uno dei più grandi misteri è il motivo che induce migliaia di persone a passare i loro fine settimana estivi in ex campi di concentramento guardando forni in un crematorio» (Loznitsa). Sintomo di un imperialismo che è guerra spirituale, il turista, privo di una reale consistenza corporea, è un fantasma ossessionato da rovine, in cerca di cultura, di spettacoli di una cultura: non è davvero lì, si muove attraverso astrazioni, defunte iconografie, raccogliendo immagini anziché esperienze, e la vacanza non è che una nuova miseria sulla miseria altrui (cfr. Bay).

Mariangela Sansone

Mariangela Sansone

Sprazzi di luce lacerano l’oscurità delle tenebre, una notte eterna, in cui il tempo è sospeso in un perenne presente, ferita da freddi bagliori, luminescenze si aprono come sguardi scrutanti su una realtà cupa e fredda in un non-luogo. Dai neri vinilici e compatti affiorano corpi ed oscure figure che si muovo lente, folate di vento ostacolano il loro incedere, tutto ristretto in un piano sequenza, profondo e obliquo, che riporta allo sguardo un’immagine inclinata strutturata come lo squarcio di una lama.

Gianfranco Costantiello

Gianfranco Costantiello

Dopo aver perso casa, lavoro e fidanzata in un solo giorno, un giovane tenta di ricominciare una nuova vita, ma i suoi piani vengono dirottati quando incontra una donna che condivide la sua abitudine più strana: mangiare i capelli. (dal sito della Settimana della critica)




Nicola Curzio

Nicola Curzio

alt«Io sono una pietra. Lo ripeto: una pietra. So che non potete capirmi; dovrei spiegarvi queste quattro parole una per una e a gruppi di due e di tre e poi tutte insieme: cosa voglio dire quando dico io, e quando dico essere, e pietra, e cosa vuol dire essere pietra, e una, una pietra… Forse in questo mondo di pietra non c’è un prima né un poi: il tempo delle pietre è concentrato nel nostro interno dove si addensano le ere. Neanche lo spazio che ci circonda conosce il tempo, per cui possiamo restare sospese lasciando che la forza di gravità si eserciti tra le nostre masse che si fronteggiano immobili. Ma anche noi nella nostra superficie scavata e scheggiata e rotta ci portiamo addosso una storia, tracce di eventi irrevocabili che non si situano in un quando e in un dove.» (Italo Calvino, Essere pietra)

Sergio Grandolfo

Sergio Grandolfo

altDall’illuminarsi del proiettore cinematografico, che volge il suo fascio di luce cigolante verso il centro dell’immagine, Spira Mirabilis appare un’opera di immagini che dialogano e scorrono libere, quanto una prominente emersione di suoni: è il deflagrare del tuono, nella grandezza del cielo, nella notte bruna; lo staccarsi rovinoso di un’enorme lastra di marmo, il fragoroso e frusciante cadere di lunghi alberi: un concerto dirompente che si leviga cavalcando lungo l’acqua immobile, immergendosi verticale nell’ascolto del suo respiro, nella profonda sonorità del silenzio.

Matteo Marelli

Matteo Marelli

alt«Quando gli dei vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere». Avrebbe potuto sposare un uomo comune; fare la dattilografa; avere una vita modesta. È lei stessa a dirlo. Invece Jackie ha scelto di stare affianco a John F. Kennedy, colui che si impose nell’imaginario come un nuovo Re Artù che volle seduti alla sua Tavola Rotonda luminosi cavalieri e raffinati intellettuali capaci di “respingere i barbari oltre le mura del castello”.

Valentina Dell'Aquila

Valentina Dell'Aquila

Scriveva Jay Ruby: sarebbe proprio la maniera marginale di praticare e interpretare un certo tipo di cinema per così dire storico-documentaristico a contribuire alla disfatta dello stesso; maniera, probabilmente poco interessata alla stessa istanza che lo muove, fors’anche carente di teorie, di  poetiche oltre il dato… Nello stesso volume si citava l’assunto di Heider & Hermer secondo cui all’immagine sarebbe necessario integrare il mezzo della scrittura affinché questa si possa definire efficace strumento d’apprendimento.

Gemma Adesso e Michele Sardone

Gemma Adesso e Michele Sardone

223 frustate, 20 milioni di riyal, 1 anno di carcere: questa la pena inflitta dalla giustizia iraniana a Keywan Karimi per aver offeso la sacralità islamica con il suo documentario Writing on the City (2015), cha racconta trent’anni della storia dell’Iran attraverso i graffiti sui muri di Teheran, dalla rivoluzione islamica del 1979 alla rielezione di Ahmadinejad del 2009.

Luigi Abiusi


Dopo giornate di afa cisposa, e di escursioni termiche al limite della sopportazione, tra sale-frigo e l'esterno in totale balia del sole e della cappa vaporosa proveniente dal mare, e lì sul tardo pomeriggio, l'epifania dei bambini che spruzzano in una scena di cristallo, sospesa, per una strana inclinazione del sole, pestando le pozze salmastre a riva, e, per una volta, neppure l'ombra dei vecchi veneti, di quelli tutti azzimati che senti sbraitare sugli autobus, con il loro bieco fascio-dialetto, contro i giovani dalla pelle un po' più scura della loro, invece livida o di cartapecora, per il solo fatto di essersi seduti là dove loro sarebbero “padroni a casa loro”, un sedile, una panca, un semplice palo a cui aggrapparsi, ma in realtà per l'impossibilità, dopo tanti anni, di poterlo buttare al caapranzi1 non alla mummia consorte, ronfante in baldacchino di raso, ma alla badante in bella carne che sparecchia; ieri dopo il meraviglioso Monte di Naderi, fuori s'è scatenato la ridda di vento e piovasco.

Vanna Carlucci

Vanna Carlucci

«Muere lentamente / quien se transforma en esclavo del hábito, / repitiendo todos los días los mismos trayectos, / quien no cambia de marca, / no arriesga vestir un color nuevo / y no le habla a quien no conoce…»: versi che sono solo parte di una poesia letta da Manu, una dei cinque sopravvissuti di Los Nadie di Juan Sebastian Mesa, presentato all’interno della Settimana della Critica; lei sfoglia le pagine, recita parola per parola come un gesto di salvezza che le viene in soccorso, lei come gli altri, aspirante giocoliere - della vita e della morte - in bilico per le strade colombiane, quelle dove la speranza è da ricercarsi fuori dai propri confini e i giorni passano nel tentativo di  riempire il tempo che scorre senza pause, senza trovare pertugi, senza il lampo meravigliato degli occhi che si dilatano, vuoti nel consumo di alcool e fumo mentre ancora, lentamente si muore.

Nicola Curzio

Nicola Curzio

altDi che colore sono gli occhi di Amy Adams? Chi è al Lido di Venezia dovrebbe avere la risposta in tasca visto che l’attrice statunitense è l’indiscussa, mirabile, protagonista di due pellicole americane in gara per il Leone d’Oro. Il suo sguardo s’incrocia innanzitutto in Arrival di Denis Villeneuve, dove interpreta la dottoressa Louise Banks, una linguista affermata a cui è affidato il difficile compito di comunicare con alcune entità aliene misteriosamente comparse sulla Terra, prima che scoppi un’altra guerra dei mondi.

Gemma Adesso

Gemma Adesso


altI giorni sono quelli che si contano tra la fuga e l’inseguimento; la Francia è lo spazio atipico e notturno di un abbandono. 
Un uomo, prima di scomparire, illumina con la luce fioca di un cellulare il suo amante mentre dorme; al risveglio, il cellulare sarà lo strumento di una ricerca disperata attraverso una app di incontri al buio, tra sentieri sconosciuti.

Matteo Marelli

Matteo Marelli

altFrançois s'en va-t-en guerre. Quella del 1914 – 18. Segue la strada tracciata da Lubitsch con L’uomo che ho ucciso, melodramma antimilitarista a sua volta ispirato all’omonimo lavoro teatrale di Maurice Rostand; Ozon coglie nel testo quelle insorgenze che gli permettono, pur nel rispetto della fonte, di far scorrere sottotraccia alcuni dei temi forti della sua poetica registica («In Frantz si ritrovano molte delle mie ossessioni. Ma il fatto di affrontarle in un’altra lingua, con attori differenti, in luoghi diversi dalla Francia, mi ha costretto a reinventarmi e spero che questo abbia dato nuova energia e una nuova dimensione a quei temi»).

Luigi Abiusi

Luigi Abiusi

altPersa l’apertura di Chazelle, è Cianfrance la prima visione di Venezia73, ma troppo melò e stucchi e crinoline di dama, troppa ridondanza melica delle musiche per essere almeno interessante; alcuni gorgogliano il giorno dopo, prima del capolavoro di Wenders, gonfiandosi il petto di colombo per via della frase-tipo “scritto male”: come se c’entrasse davvero qualcosa scrivere, il compitare, con cose come il cinema, di fronte al quale non si può fare altro che equivocare i significati.

Luigi Abiusi e Matteo Marelli

Luigi Abiusi e Matteo Marelli

alt«Tutto sta per scomparire. Bisogna sbrigarsi se si vuole ancora vedere qualcosa». Su queste parole di Cézanne Wenders chiudeva nel 1983 il corto Letter from New York. Che il pittore francese sia amato termine di riferimento del regista tedesco è cosa nota, lo dimostrano, oltre all’interludio provenzale realizzato per Al di là delle nuvole di Antonioni, le parole dello stesso Wenders che a riguardo dichiarò: «Prima di lui c’era la pittura del Salon: illusione degli spazi profondi, prospettiva rinascimentale... Ogni cosa doveva avere un “aspetto reale”. Cézanne rompe con questo».

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