Gianfranco Costantiello

Dopo aver perso casa, lavoro e fidanzata in un solo giorno, un giovane tenta di ricominciare una nuova vita, ma i suoi piani vengono dirottati quando incontra una donna che condivide la sua abitudine più strana: mangiare i capelli. (dal sito della Settimana della critica)




Debutto lungo per Xander Robin con Are we not cats che chiude, fuori concorso, l’ottima selezione della Settimana Internazionale della Critica.
Il film ruota intorno alla rocambolesca vicenda di un loser che, dopo aver perso casa, lavoro e fidanzata, parte con il suo camion alla conquista di un’altra vita. Inizia allora un viaggio tra luce e buio, cadute e rinascite che sembra seguire le rotte aperte già da Kelly Reichardt col suo cinema randagio, periferico, esistenzialista.

E così, infatti, che «l’identità disgregata dello sradicato diventa l’identità possibile della ricerca e del movimento» (Bertetto, pag. 62); un movimento dominato da pillole eccitanti, bevande da sballo, scantinati della perdizione, un’ amore che ha più del felino che dell’umano e dalla musica, tanta musica. Si va dal funk umbratile dei Funkadelic, al noise devastante dei Lightning Bolt, dall’ hip-pop astratto di DJ Burn One ai classici soul-pop di Ike e Tina Turner o al blues sensuale di Yvonne Fair.

Allora non è così impensabile avvicinare questo film ad A girl walks alone at the night di Ana Lily Amirpour - tra l’altro in concorso con The Bad Batch - o al più blasonato Only lovers left alive per quelle corrispondenze di intrecci amorosi dove la musica si fa consustanziale all’immagine e viceversa.
Insomma, Are we not cats ha tutte le carte in regola per emergere in fretta dal sottobosco indie del cinema americano con un’aura leggendaria di film cult.


Bibliografia

P. Bertetto (2014): Microfilosofia del cinema, Marsilio, Venezia