Su Veit Harlan, uno dei più discussi registi del cinema tedesco, pesa, irredimibile, la “scomunica” cui la sua fede politica, la sua formazione culturale e il film al quale è tristemente legata la sua fama lo “abilitarono”. Eppure, al di là del pur non eccezionale rilievo nel panorama cinematografico europeo, la sua filmografia merita attenzione proprio perché ci restituisce con tratti inconfondibili e nelle sue linee essenziali la fisionomia complessiva del periodo storico in cui si colloca: una filmografia “datata”, ma proprio per questo di indubbio interesse per un’analisi della temperie culturale della Germania nazista. Nell’esecrazione che coinvolge il suo operato, si rischia però di trascurare qualche film che non merita l’oblio.