C'è il cinema intelligente, nell'ultimo dei Manetti Bros, Ammore e Malavita (2017), che sente il bisogno di allontanarsi da sé almeno per un attimo, e prendersi un po' per il culo, con affetto, certo, ma almeno un po', in un'epoca in cui è il prendersi dannatamente sul serio a fare cifra autoriale. Un cinema che si ripensa, anzi, si riguarda, perché prima che cinefili si definiscono spettatori, i Bros, e si permette il lusso di ridere bonariamente di certe sue idiosincrasie ricorrenti, manie, di certe stereotipizzazioni che oramai sono diventate talmente logore da gettare, appunto, l'ombra del ridicolo.