Teorie

Giovanni Festa

In La perla, di Emilio “el indio” Fernández un povero pescatore di perle, dopo l’ennesimo tuffo scorge, gli occhi ben aperti (wide) e annebbiati (shut) per l’acqua salsa, qualcosa nelle profondità torbide dell’oceano (che la lente di Figueroa trasforma in un acquario magico, cortazariano-rosselliniano). Risalito a galla scoprirà, insieme alla moglie che lo attendeva paziente nella barca, che si trattava, custodita dentro una conchiglia incrostata di alghe limacciosa, di una perla perfetta.

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Anton Giulio Mancini

Non perdo occasione per tornare a occuparmi di Francesco Rosi. Anche in questo caso. Per «Uzak». Il primo pensiero per un articolo che probabilmente vedrà la luce tra la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo data la concomitanza di lungo termine con la Shoah è stato infatti La tregua di Rosi. Sempre Rosi.

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Mariangela Sansone

«Il pennino nero per colui che lo legge traccia nel margine bianco della vulva mostro: essere Tu essendo Io, essere altri: senza bisogno di essere io! Parole scambiate tra la china che scrive e la china lettore, star nudo a sognare ossessogni e star» (Julio Bressane)

 

L’immagine è un corpo, dotata di recettori sensibili, di terminazioni nervose, di organi e tessuti epiteliali senzienti alla tattilità dello sguardo. Trafitta dalla luce, dilaniata da baluginii incandescenti e luminosi si svela, nuda, offrendosi all’occhio voyeuristico dell’osservante. L’immagine è un congegno di carne, membri grondanti sangue, liquidi seminali, marcescenze esposte, in putrefazione eppure vive, palpitanti di desiderio. Quando l’immagine perde i suoi confini per mutarsi in un meccanismo anarcoide e libero, allora mostra ciò che non si mostra o che non è mostrabile, come le “perversioni” o, come le definiscono gli studiosi del settore, dopo averle ben disinfettate dal morbo e igienizzate, “parafilie”.

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