Inchiostro di Kine

Simona Specchia

Le nuove forme della cultura cinematograficaAttualmente il panorama della critica cinematografica è quanto mai vasto e multiforme. Se sulle pagine dei quotidiani e dei periodici lo spazio dedicato alla riflessione e alla analisi dei film in uscita si è drasticamente ridotto, con il critico cinematografico di professione che si è visto costretto a cedere il passo al giornalista di costume o allo scrittore o al notista politico, sono invece aumentate grazie alla rete le modalità e le occasioni per fare critica, per dare e ricevere informazioni sul cinema e per ragionare sul fenomeno cinematografico: dai nuovi media (i siti telematici, le testate web, le radio locali), all’editoria specializzata, all’università, ai festival, alle rassegne tematiche, alle tante manifestazioni locali organizzate per iniziativa di enti e associazioni. Eppure quasi per una conseguenza inflattiva, alla moltiplicazione degli spazi e delle occasioni del fare critica, sono pesantemente diminuiti i momenti dell’ascolto e del confronto, si sono marginalizzate progressivamente la funzione e l’incidenza della critica stessa nel processo della produzione e del consumo del cinema. Spesso la critica parla nel vuoto, non comunica, non incide nei processi e nei fenomeni del cinema, restando sempre più ai margini della comunicazione cinematografica fino all’autoreferenzialità, cioè al massimo della specializzazione e/o dell’appiattimento.

Vito Santoro

Vito Santoro

il-western-italianoIl grande clamore suscitato da Django Unchained di Quentin Tarantino ha inevitabilmente comportato la riconsiderazione del western italiano, fenomeno fondamentale nel quinquennio 1965-1969, capace da un lato di incidere sull’immaginario collettivo, dall’altro di risollevare le sorti economiche dell’industria cinematografica nazionale, allora in riflusso. Basti pensare alla crisi della Titanus di Goffredo Lombardo, letteralmente svenatosi per i forti investimenti richiesti dalla produzione di Sodoma e Gomorra, 1962, di Robert Aldrich e de Il Gattopardo di Luchino Visconti, 1964 (anche se va sottolineato come in quegli anni il valore del mercato italiano superasse ampiamente quello di Gran Bretagna, Francia e Germania…).

Nicola Curzio

Nicola Curzio

Tetsuo  the iron 512cd0e5b9864 220x335Era il 1989 quando un proiettile di nome Tetsuo si conficcava tra/ne gli occhi ipnotizzati di un pubblico attonito che forse, dopo un decennio di visioni, guardava già alla decade seguente, desideroso com’era di velocità, di avanguardia, di futuro. Eppure c’era stato chi, da occidente, aveva a suo modo profetizzato che sarebbe arrivato qualcuno dal futuro per salvare il presente, prima che questo fosse terminato. Il futuro era già presente e nessuno se n’era accorto, non almeno fino a quando uno sconosciuto giapponese, da oriente, spara questo proiettile a velocità supersonica che squarcia il nostro corpo e lo riempie di luce: è Tsukamoto Shin’ya.


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