Le nuove forme della cultura cinematograficaAttualmente il panorama della critica cinematografica è quanto mai vasto e multiforme. Se sulle pagine dei quotidiani e dei periodici lo spazio dedicato alla riflessione e alla analisi dei film in uscita si è drasticamente ridotto, con il critico cinematografico di professione che si è visto costretto a cedere il passo al giornalista di costume o allo scrittore o al notista politico, sono invece aumentate grazie alla rete le modalità e le occasioni per fare critica, per dare e ricevere informazioni sul cinema e per ragionare sul fenomeno cinematografico: dai nuovi media (i siti telematici, le testate web, le radio locali), all’editoria specializzata, all’università, ai festival, alle rassegne tematiche, alle tante manifestazioni locali organizzate per iniziativa di enti e associazioni. Eppure quasi per una conseguenza inflattiva, alla moltiplicazione degli spazi e delle occasioni del fare critica, sono pesantemente diminuiti i momenti dell’ascolto e del confronto, si sono marginalizzate progressivamente la funzione e l’incidenza della critica stessa nel processo della produzione e del consumo del cinema. Spesso la critica parla nel vuoto, non comunica, non incide nei processi e nei fenomeni del cinema, restando sempre più ai margini della comunicazione cinematografica fino all’autoreferenzialità, cioè al massimo della specializzazione e/o dell’appiattimento.


Una ampia riflessione su questo tema la offre il volume collettaneo, a cura di Roy Menarini, Le nuove forme della cultura cinematografica. Critica e cinefilia nell’epoca del web. Questa raccolta di saggi – si legge nell’Introduzione – «non pretende di essere né un’istantanea del presente (condannandosi all’immediata obsolescenza, vista la rapidità delle variazioni sul web), né una predizione del futuro» (p. 10), quanto piuttosto una storicizzazione delle trasformazioni di una cultura cinematografica che ha fatto del web il suo polo energetico. Il volume intende dunque offrire un excursus e insieme un’analisi ad ampio spettro di cultura, pensieri, azioni e persone che insieme costituiscono il poliedrico mondo della cinefilia e della cinematografia.

Per meglio comprendere com’è cambiata l’appassionata fruizione della cinematografia nel corso degli “anni del web”, Alberto Pezzotta analizza la storicizzazione della comunità cinefila dal cult-movie degli anni Settanta e Ottanta al trash dei Novanta. Da una società di «collezionisti» (p. 56) che leggono, scrivono e possiedono VHS dei loro film preferiti, si passa a una comunità che ha permesso la distribuzione di film dal basso attraverso client e reti peer to peer. Tuttavia, «la gerarchizzazione dei consumi che si era imposta nei DVD si riproduce, paradossalmente, anche nel mondo del peer to peer: scaricare un film recente e di grande successo è sempre e comunque più facile che scaricare un film del passato o poco noto. […] E si producono alcune delle modalità elitarie del vecchio collezionismo home video» (p. 62). Del resto, osserva Sara Martin, i serial televisivi hanno il loro strumento di fruizione principale non nella televisione, ma nel web che offre anche «la possibilità all’internauta di partecipare attivamente alla costruzione di significato di un determinato evento». È il caso ad esempio dei collettivi di sottotitolaggio di prodotti mediali: questi «compiono interventi critici e interpretativi, attraverso l’esplicazione linguistica e culturale di citazioni, allusioni, idiomi e così via e, in buona sostanza, esprimendo una relazione intima e socialmente condivisa con l’oggetto di interesse» (p. 112).

Grande interesse rivestono i siti figli della cosiddetta geek culture, cioè come scrive Francesco Di Chiara «una imagined community – secondo la fortunata definizione di Benedict Anderson – transnazionale, trans generazionale (in quanto comprende sia adolescenti che giovani adulti), priva di barriere di gender e dotata di un proprio canone – rigorosamente trans-mediale – continuamente rimesso in discussione attraverso i canali di espressione privilegiati dalla comunità: prima user groups su Usenet, poi forum e infine social network» (pp. 87-88). È il caso di “TVTropes”, un sito senza pretese scientifiche e modellato sulla struttura wiki, il cui scopo è fornire una lista aggiornata di figure retoriche così da permettere «ai recensori di intervenire anche in merito alla struttura narrativa dei testi, di creare parallelismi e comparazioni, di esprimersi sui trend industriali» (pp. 88-89). In Giappone invece è notissimo il movimento giovanile Otaku, il primo ad «accogliere e assimilare le fondamentali novità apportate dall’informatica in campo espressivo e antropologico» (p. 125) e a preferire forme di narrazione non canoniche (anime). Scrive Marco Teti: «l’universo concettuale degli otaku si rispecchia in quello ipermediale e ipertestuale di Internet e ne viene a sua volta rispecchiato. L’ipermedialità e l’ipertestualità equivalgono con maggiore correttezza ai principi seguiti da entrambi. La logica sottesa alla corrente sotto-culturale degli otaku risulta analoga a quella diciamo così di funzionamento del web» (pp. 125-26).

Venendo all’attività critica più tradizionale, cioè quella che si pone come prosecuzione/sostituzione di quella cartacea, Claudio Bisoni osserva come con l’avvento della Rete si sia assistito alla «riappropriazione pop del paradigma dell’esperto» (p. 23) in Internet, dove anche e soprattutto chi non lo è, gioca a essere competente producendo dinamiche. Invece, secondo Girish Shambu, oggi, nel secolo globalizzato, cinefili e non cinefili possono “postare” da qualsiasi parte del mondo e per un numero indefinito di lettori, recensioni, immagini, opinioni e suoni, grazie a Facebook e Twitter, che «agiscono da stimolanti» (p. 172): «la cinefilia comporta un interesse attivo nel discorso intorno ai film. Non solo guardare un film, dunque, ma anche pensare, parlare e scrivere di film, nelle forme più svariate, non importa quanto standardizzate: sono tutte attività importanti per il cinefilo» (p. 171).

Dunque blog, portali, siti generalisti in cui poter inserire voti e commenti hanno determinato una sorta di liberalizzazione dell’attività critica, ma non hanno certo contribuito a rinnovarla. Non possiamo pertanto non essere d’accordo con Gianni Canova, il quale nella sua Postilla lamenta l’incapacità della Rete di produrre dei contatti tra l’apparato iconico e il bagaglio verbale di cui dispone: «i tentativi di interazione innovativa fra parola e immagine sono pochissimi dal punto di vista quantitativo e disarmanti su quello qualitativo. Si riducono ad un uso della parola didascalico o sentenzioso e a frettolosi “taglia-e-incolla” di poche immagini fisse – sempre le stesse – postate a pioggia in quasi tutti i siti e blog» (p. 180).


Bibliografia

Menarini R. (2012): Le nuove forme della cultura cinematografica. Critica e cinefilia nell’epoca del web, Mimesis, Milano-Udine.