Nicola Curzio
Era il 1989 quando un proiettile di nome Tetsuo si conficcava tra/ne gli occhi ipnotizzati di un pubblico attonito che forse, dopo un decennio di visioni, guardava già alla decade seguente, desideroso com’era di velocità, di avanguardia, di futuro. Eppure c’era stato chi, da occidente, aveva a suo modo profetizzato che sarebbe arrivato qualcuno dal futuro per salvare il presente, prima che questo fosse terminato. Il futuro era già presente e nessuno se n’era accorto, non almeno fino a quando uno sconosciuto giapponese, da oriente, spara questo proiettile a velocità supersonica che squarcia il nostro corpo e lo riempie di luce: è Tsukamoto Shin’ya.
Negli anni seguenti, per quasi un quarto di secolo, Tsukamoto dispiegherà con una potenza inusitata un corpus cinematografico carico di significati e di immagini; immagini che spesso trascendono le stesse intenzioni del loro autore per acquisire vita propria: «Tetsuo non è solo un personaggio memorabile nella galleria del cinema fantastico, non è la costruzione rappresentazione narrazione di esso, ma l’ingresso in diretta nel cinema di una ‘cosa’ preesistente a esso e indispensabile per esso» (Ghezzi 2004, p. 1).
Matteo Boscarol convoglia nel suo volume sguardi eterogenei sull’opera filmica del regista giapponese, conscio dell’impossibilità di fornire un’univoca interpretazione di un cinema così poliedrico, così vivo, qual è quello di Tsukamoto Shin’ya. Nel testo si susseguono saggi illuminanti su di un cinema illuminato per definizione, essendo la luce (inevitabilmente, verrebbe da dire) protagonista indiscussa fin dal principio (Le avventure del ragazzo del palo elettrico, 1987); tasselli che elaborano e sviluppano alcuni aspetti della produzione di Tsukamoto, dallo studio del corpo alla ricerca dello spirito, dal rapporto natura/artificiale all’ontologia del reale, dal cyberpunk al mind game film, fornendone nel loro insieme un quadro fedele e originale.
Damiano Cantone e Gianluca Pulsoni, affrontano la trilogia di Tetsuo1. Se il primo concepisce i tre film «come i momenti di una sorta di triade dialettica di tipo hegeliano di tesi, antitesi e sintesi» (Cantone in Boscarol 2013, p. 24), il secondo ne dà una lettura antropologica, basata sul rapporto uomo-macchina.
Cantone torna a considerare Tsukamoto nella veste di demiurgo platonico (Chimento – Parachini 2009, pp. 70-93), sorta di “artigiano divino” che modella la materia primigenia e perenne, la chora, dando vita alla realtà sensibile, copia imperfetta e soggetta al divenire di un modello formale ed eterno, capovolgendo però tale metafora e rivelando come «egli giunge quando ormai ogni forma è stata data alla materia, quando la creazione è stata tutta compiuta e le possibilità di costruzione offerte dal rapporto modello-copia sono completamente esaurite» (ivi, p. 18). Il ballardiano incidente del primo Tetsuo, la fusione della carne con il metallo, diviene a questo punto la chiave di volta per risolvere l’impasse: il corpo umano non è più concepito come una forma, ma come una forza (ivi, pp. 19-20). In questa maniera, secondo Cantone, Tsukamoto annulla la distanza che normalmente sussiste tra l’organico e l’artificiale: «la tecnica non è altro che la nostra natura dispiegata […]. Essa contiene in sé un potenziale genetico, di trasformazione radicale dell’ambiente stesso, che già da sempre è immanente nella nostra forma attuale» (ivi, p. 22); e si arriva a sostenere l’affascinante tesi per cui Tetsuo apparterrebbe al genere umano, ridimensionando quelle teorie che lo collocherebbero in una fase già post-umana, nietzchianamente oltre-umana.
Pulsoni ragiona invece sul concetto di incorporazione di Thomas Csordas e sulla teoria dei tre corpi di Margaret Lock e Nancy Scheper-Hughes, sempre con riguardo al Tetsuo Project. La macchinizzazione dell’uomo, sostiene, viene considerata nei tre film nella pura corporeità, scevra di qualunque elemento di critica sociale. Il processo di incorporazione non è unidirezionale: l’assimilazione della macchina nell’uomo si riflette in quella dell’uomo nella macchina. Pura ibridazione, dunque. Il corpo assume una “struttura chimerica”, nel senso che l’iconografia della creatura del cineasta viene schematizzata «come personificazione astratta e mitica, polimorfa, dotata di tracotanza e generatrice di violenza, rappresentazione di idee e di un particolare rapporto col mondo» (Pulsoni in Boscarol 2013, p. 40). Infine, la trascendenza. Concependo le tre pellicole come tre corpi distinti e ricollegandosi al celebre studio delle due antropologhe prima menzionate (Lock – Scheper-Hughes 2006), vengono individuate due diverse modalità complementari inerenti al corpo come strumento di trascendenza. Nei primi due film della serie il corpo «si fa strumento di trascendenza dis-individuale, soggetta alla configurazione di una personificazione astratta e mitica ma non alle leggi della individuazione. Esso si annulla», in Tetsuo: The Bullet Man esso invece «diventa il luogo dell’azione, ovvero dell’incorporazione della personificazione astratta e mitica nella singolarità dell’individuo. Il droide come variazione esistenziale: altro corpo, corpo politico» (Pulsoni in Boscarol 2013, pp. 41-42).
Questa diversificazione di approcci, chiaramente, non si limita alla sola trilogia di Tetsuo, ma coinvolge l’intero opus di Tsukamoto; all’interno del libro curato da Boscarol vengono così presi in considerazione anche molti altri aspetti: partendo dalla lettura deleuziana di Spinoza (“Che cosa può un corpo?”), Daniele Dottorini sviluppa un saggio sulla materialità del cinema; i confini del mentale e la dialettica che si instaura tra il soggettivo e l’oggettivo sono indagati da Enrico Carocci. Se Laura Ester Sangalli analizza la figura della donna in un cinema che giudica solo apparentemente maschile(-ista), Dario Tomasi opera alcune osservazioni sul film più liquido del regista, A snake of June. Tecnoscienza, megamacchina e camposcopico sono i tre elementi centrali del cinema di Tsukamoto sui quali riflette Alberto Brodesco. L’avanguardia cyberpunk è il punto di partenza del saggio di Roberto Terrosi; l’ontologia dell’umano è invece oggetto dello studio di Giulio Vicinelli. Sul cinema “illimitato” di Tsukamoto, infine, Adelina Preziosi scrive: «Ogni titolo della filmografia di Tsukamoto non solo spazia in più direzioni, su tracce narrative ad alta combustione interna, nelle aree inesplorate dell’inconscio, ma si apre ai precedenti e successivi […] riproducendo di volta in volta le ibridazioni che ispirano ciascun film, attraverso la rottura progressiva di una serie di superfici riflettenti le cui schegge tuttavia rimangono conficcate nel corpo del suo cinema come in carne viva che porta le stimmate di ferite sanguinanti spesso inferte di propria mano» (Preziosi in Boscarol 2013, p. 68).
Sguardi, questi contenuti nel testo di Boscarol, chiuso con una breve intervista, che tendono alla (de)costruzione di un corpo filmico continuamente trivellato e riassemblato dal suo stesso regista, e contribuiscono a creare un profilo di un auteur, sul quale un altro grande maestro del cinema giapponese, anni fa, così si esprimeva: «Stimo in particolare Tsukamoto. Mi sono fatto promotore del suo Tetsuo in Cina. Lo stimo perché mantiene un’indipendenza che poi traduce in libertà creativa. Facendo così ci si guadagna dei diritti, per cui si può stare fermi per dieci anni e poi comunque riuscire a fare un film» (intervista a cura di Esposito – Fumarola – Nazzaro 2006). Era Wakamatsu Kōji, alla cui memoria il libro è dedicato.
Note
1. Trilogia composta dai film Tetsuo: The Iron Man (Tetsuo, 1989), Tetsuo II: Body Hammer (1992) e Tetsuo: The Bullet Man (2009).↑
Bibliografia
Boscarol M. (a cura di) (2013): Tetsuo: the Iron Man. La filosofia di Tsukamoto Shin’ya, Mimesis, Milano-Udine.
Chimento A. – Parachini P. (2009): Shinya Tsukamoto. Dal Cyberpunk al mistero dell’anima, Falsopiano, Alessandria.
Esposito L. – Fumarola D. – Nazzaro G. (2006): Memorie perdute, in «Filmcritica», 561/562, gennaio/febbraio.
Ghezzi E. (2004): Tetsuo né uomo né ferro, immagine, in AA. VV.: La mutazione infinita di Tetsuo il fantasma di ferro, Gianluca & Stefano Curti editori, Milano.
Lock M. – Scheper-Hughes N. (2006): Un approccio critico-interpretativo in antropologia medica: rituali e pratiche disciplinari e di protesta, in Quaranta I. (a cura di): Antropologia medica. I testi fondamentali, trad. di E. Fabietti, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Filmografia delle opere citate di Tsukamoto Shin’ya
A snake of June (Rokugatsu no hebi 2002)
Le avventure del ragazzo del palo elettrico (Denchū kozō no bōken 1987)
Tetsuo: The Iron Man (Tetsuo 1989)
Tetsuo II: Body Hammer (1992)
Tetsuo: The Bullet Man (2009)