Alessandro Cappabianca

alt«Con alterna chiave
tu schiudi la casa dove
la neve volteggia delle cose taciute.
A seconda del sangue che ti sprizza
da occhio, bocca ed orecchio
varia la tua chiave.
Varia la tua chiave, varia la parola
cui è concesso volteggiare coi fiocchi.
A seconda del vento che via ti spinge
s'aggruma attorno alla parola la neve.»

(Paul Celan, Con alterna chiave)

Alain Resnais, genio proteiforme, aveva per caso smesso (diciamo, dopo Melò) di viaggiare lungo le coordinate dell’immagine-tempo tracciate da Deleuze? Si poteva pensarlo. Nei suoi ultimi film, il tempo spesso è sembrato ridursi al presente, ma un presente che si sbriciolava, si frantumava, inglobava spazi eterogenei, a volte invasi da presenze aliene (fiocchi di neve, meduse…).

Nel 1956, aveva filmato tutta la memoria del mondo, conservata alla Biblioteca Nazionale di Parigi. In quella sala di lettura, davanti a quei tavoli, pochi anni prima, per leggere e scrivere su foglietti rimediati, coi suoi occhiali da miope, alla luce di quelle lampade, sedeva Benjamin, poi costretto a fuggire a malincuore, a lasciare Parigi occupata, tenendo stretto un prezioso manoscritto e un altrettanto prezioso quadretto dell’Angelo di Klee, fino al terminale tragico di Portbou. Resnais, nel documentario, non parlava di lui – salvo dover constatare che il numero dei volumi (circa sei milioni) conservati in quella biblioteca corrispondeva, strana coincidenza, al numero degli ebrei sterminati nell’operazione “Notte e Nebbia”. E Resnais, assieme all’amico Jean Cayrol, si era già dovuto rendere conto di quanto fosse labile la memoria delle cose, di come fanno presto gli alberi e i prati a rifiorire, nascondendo sotto manti ingannevolmente idillici di nuova vegetazione i binari dismessi dei treni in arrivo ad Auschwitz.

Nel 1955, comunque, la TV tedesca, volendo mandare in onda Notte e Nebbia, diede incarico a Paul Celan di tradurre il commento di Jean Cayrol. Era l’anno di pubblicazione della raccolta di poesie Von Schwelle zu Schwelle (“Di soglia in soglia”), di cui fa parte la poesia (Con alterna chiave) qui posta in epigrafe. Basta leggerla, credo, per riconoscere temi che Resnais (altra strana coincidenza) avrebbe in seguito sviluppato, magari su un registro meno drammatico.

Non ho ancora visto, purtroppo, l’ultimo film di Resnais (Aimer, boire et chanter), ma credo di poter dire – ricordando per esempio On connait la chanson e Cuori – che non a caso era diventato centrale, nel suo cinema, il tema della frenetica ricerca di una nuova casa da parte di personaggi in vario modo sradicati, ed emergeva di conseguenza la figura dell’agente immobiliare, quasi un Angelo metafisico, addetto a guidare i possibili clienti nella visita di appartamenti da vendere o da affittare – vuote scenografie in attesa di diventare case, di essere riempite da segnali di vita sotto forma di arredamenti, magari continuamente cangianti come già accadeva nella casa dell’antiquaria Delphine Seyrig in Muriel. E allo stesso tempo era diventata estremamente importante una strana permeabilità degli interni domestici a fenomeni meteorologici tipici del mondo esterno (per esempio, la caduta di fiocchi di neve – «la neve volteggia delle cose taciute» [Celan]) o all’apparizione di creature provenienti da altri universi fisici (per esempio, le amebe).
Il lavoro della memoria, tuttavia, scava abissi che non si lasciano tanto facilmente colmare. Il concetto di immagine-tempo ridiventa centrale in Vous n’avez encore rien vu (suo penultimo film, del 2012).

altSeduti nell’oscurità, su comode poltrone di pelle nera, i vecchi attori convocati in casa del defunto regista e autore Antoine D’Anthac, secondo le sue volontà postume, assistono a un film, proiettato sullo schermo in fondo alla parete del salone. Prima, in un video, il defunto li saluta, li ringrazia d’essere venuti e li prega di assistere al filmato che seguirà, dove vedranno la registrazione dell’Eurydice di Jean Anouilh (scritta negli anni Trenta) messa ora in scena a Marsiglia, in un capannone abbandonato, da un gruppo di giovani attori, la Compagnie de la Colombe. Poiché i vecchi attori, convocati ora come spettatori, hanno in passato, a più riprese, interpretato la stessa pièce, D’Anthac li considera i più qualificati a dare un giudizio su questa nuova performance. Soprattutto: può davvero ancora funzionare una storia d’amore oltre la morte come quella di Orfeo ed Euridice? Non rischia oggi di sembrare ridicola o anacronistica?

Il test, però, è falsato in partenza. I vecchi attori non possono costituire un pubblico attendibile. Giustamente, prima che la proiezione abbia inizio, un cartello ricorda, evocando Murnau: quando passarono il ponte, i fantasmi vennero loro incontro. Di più: i vecchi attori stessi, Arditi, Azéma, Amalric, Piccoli, Consigny, Wilson ecc. diventano fantasmi – non possono fare a meno di farsi catturare dallo schermo, di interagire con i giovani attori di Marsiglia, oppure, addirittura,  di tornare ad aggirarsi come spettri sui vecchi set. Come per magia, il salone si tramuta nella sala d’attesa d’una stazione ferroviaria, poi nel caffè della stazione, poi in una stanza d’albergo. Le edizioni della pièce si intersecano e si intrecciano con le vicissitudini del vissuto. Duetti si sviluppano tra Arditi (Orfeo 1) e Azéma (Euridice 1), tra Lambert Wilson (Orfeo 2) e Anne Consigny (Euridice 2). Una porta si apre all’improvviso nel bel mezzo d’una parte della camera, rivestita di una tappezzeria color marrone. Poi la tappezzeria, conservando lo stesso disegno, diventa verde. Dei due schermi, quello di Resnais e quello di D’Anthac (che è compreso al suo interno), il primo diventa split-screen, ingloba differenti scenografie e temporalità diverse. Due porte parallele si aprono e si chiudono nella stessa inquadratura sdoppiata.

Orfeo/Arditi si volterà, alla fine. Inevitabilmente, Azéma verrà (re)inghiottita dall’Ade. Il film evoca il balletto degli spettri senza pace, attori e attrici incapaci di lasciare i loro personaggi, personaggi incapaci di districarsi dalla fisicità degli attori e attrici che li incarnano. Mai il cinema è stato in modo così flagrante, neppure nel L’amour à mort, affare di fantasmi derridiani, cofanetto mal sigillato pieno di ceneri che, se dischiuso, sprigiona funebri apparizioni.


Filmografia dei film citati di Alain Resnais

Aimer, boire et chanter (2014)

Cuori (Cœurs) (2006)

L'amour à mort (1984)

Melò (1986)

Muriel ou Le temps d'un retour (1963)

Notte e Nebbia (Nuit et brouillard) (1956)

On connait la chanson (1997)

Vous n’avez encore rien vu (2012)


Teatrografia

Eurydice (Jean Anouilh 1942)