La luce spettrale – onirica sulle cose, sulle sagome erranti nel baratro notturno – della luna, «sorella delle atonie», o di chissà quali pianeti elettrici, quali astri cuciti come bottoni sul velluto blu della notte, circuìti dai pelaghi muti, dalle cloache di cosmo in cui finiscano avanzi opali di comete, Chandelier Arp incede a passi, a lassi di synth, di note larghe e di rif, prima che la batteria e il basso (rapido) in contrappunto rompano l'attesa, quest'ansia del ritmo, della fuga, e disegnino una farandola d'iridi, d'abbagli, d'oblii.
È forse il vertice della discografia degli Acid Rooster, gruppo tedesco dedito all'arrangiamento, probabilmente quanto di meglio si possa ascoltare oggi nel panorama dello space-rock e del kraut-rock, i quali già avevano dato vita al brano più stupefacente, più felicitante dell'intero 2023, Good Mourning presente in Flowers & Dead Souls. Ora compare Hall of Mirrors in versione digitale (in mp3, flac, ecc.) o compact disc, e in tre varianti di vinile. Il disco color verde bottiglia, smerigliato, è quello sottoposto alla prova dell'ascolto, prima attraverso una catena (amplificatore e pre-phono) allo stato solido (cioè a transistor) e poi una a valvole, le 300B, balenanti nel buio, nel cui spazio vetroso crepita l'alchimia del suono.
In entrambi i casi il vinile suona limpido, senza offuscamenti: ma forse è con le valvole che il suono mesmerico degli Acid Rooster raggiunge l'apice: si fa caldo, pastoso, fluttuante come la carne di un miraggio, provocandoti un deliquio da resina sciolta, fumida nell'aria, pungente alle narici; un'amenza da secrezione di fiore, di spore, brucianti. Sono quattro brani per quasi quaranta minuti di rock spaziale, messianico, iniziando da Automat, che echeggia (letteralmente: eco di chitarra) i Pink Floyd, diventando però subito un'altra cosa, l'imperio ipnotico di basso e batteria mentre sotto bruciano circuiti elettrici, spira il silicio, vibrano lamine di chitarra.
Ed ecco, rif incalzante e riverbero di trombe lontane, la cui distanza è sostanza elettrica, il capolavoro degli Acid Rooster, il capolavoro di tutto lo space rock degli ultimi anni, Chandelier Arp. Ancora incede sinuoso, ammaliante il rullante con il basso che dal canto suo rumina amplessi ed evoca fraseggi di chitarra e tastiera, sorgenti come soli spenti, già scomparsi, giù nell'imo dell'atonia, poi ancora risorti, e di lì una danza corale, medievale, prima di una pausa, un'altra attesa piena di sax e succhi elettrici.
E di nuovo sbottano rullante, piatti e basso che accompagnano un motivo floreale di chitarra, a preparare la fine della festa. Resta Confidence of Ignorance che è un arabesco abbastanza largo che si tinge, si terge di stoner; e When Clouds Part, una ballata spaziale, di cieli e orizzonti marini, cerei alle sette del pomeriggio, quando tutto diventa indaco, violetto: venti, filamenti di venti; sopravvive una medusa, fluttuante di carne elettrica, di carne di luna oramai crescente dentro l'odore della sera.