risultati per tag: Pablo Larrain

  • Una prima versione di questo articolo è uscito sul "manifesto" del 31 luglio 2020.

    Finito, forse per il momento, stando a ciò che dicono i più prudenti, il tempo dell'ingollare profluvi di materiale cinematografico insieme a ogni tipo di farinaceo fatto in casa, in solluchero da lievito, chiusi in casa, in stanza (tendaggi), i cinema sprangati tant'è che anche un film atteso, poi risultato discusso come Favolacce dei D'Innocenzo lo si è visto sulle piattaforme, ora i film tornano ad animare i cinema che nonostante tutto restano i chiaroscurali, inalienabili santuari dell'immaginazione, e tra questi alcuni davvero magnifici, itinerari dentro ambagi psicofisiche, buchi neri, labirinti sonnambolici come High Life di Claire Denis e Long Day's Journey Into Nightdi Bi Gan.

  • Il cinema, meglio di altre forme espressive, è in grado di «mettere in scena tutta una fenomenologia dell’atto dello scrivere: la preparazione dei materiali e del corpo, l’attimo magico del primo tocco dello strumento sulla superficie da inscrivere, il movimento ora lento e solenne ora nervoso e veloce della mano»1{R. Eugeni, Le peripezie della lettera, in «Bianco e nero», nn. 1-2, gennaio-aprile 2000, pp- 43-44}. Il processo più accreditato per trasferire sullo schermo il gesto della scrittura (e della lettura) sembra essere l’«audiovisualizzazione»2D. Tomasi, Lezioni di regia, Utet, Torino 2004, p. 84.: quando un testo scritto (o letto) implica dei fatti, il cinema sceglie di abbandonare le parole scritte per inquadrarne il contenuto attraverso richiami e anticipazioni diegetiche oppure tramite divagazioni oniriche.

  • Riprendendo il filo del discorso, anche se sarebbe bella una fuga dal discorso, una pura gestica, meccanica, la flagranza dell'immagine, del suono, come auspicava Derrida, osservata e goduta finora, la fuga, solo in Ema di Larrain, torno a Baumbach, al suo Marriage Story, discorso molto competente sulla coppia e le sue (in)congruità (di chi conosce bene la materia) e per certi versi straziante nel momento della coscienza dello iato (in)eluttabile, con corollario d'amore; ripensando magari all'epigrafe truffautiana della Signora della porta accanto: «né con te, né senza di te», e non escludendo il ritorno sulla base del Bez Konca.

  • Era molto tempo che, evidentemente a causa delle restrizioni e contenzioni, non uscivano tanti film interessanti uno dopo l'altro o uno insieme all'altro. Il che è una fortuna, lo sarebbe anche a prescindere dalla qualità dei film, perché significa comunque tornare in quei santuari che sono le sale cinematografiche, il cui decor vellutato, buio, con il quadro che fa lampeggiare in ogni momento fantasmi forforici, non è qualcosa di passivo, un contenitore, ma rientra nel film, lo penetra, condiziona la visione, le dà spessore, suggestione: sono le forme, le condizioni di luce (penombre) di un luogo, le tende, il silenzio denso che interagiscono con le immagini sullo schermo, con i luoghi, gli spazi dentro lo schermo.

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