“Un cerchio con diversi centri. Come è possibile? Non so, ma di fatto è così, ci sono cerchi che hanno più centri”
Tre città, Atene, Istanbul e Odessa, tre anime vagano inquiete, una prostituta ucraina, un profugo sudanese e un faccendiere turco; la storia è quella di un uomo, della sua vita e dei suoi ricordi. La memoria, unica e frantumata, narrata da corpi diversi, in luoghi diversi, in un tempo frammentato, le cui linee anacronistiche si rincorrono e si sovrappongono. Diversi piani temporali si intersecano rendendo il fluido narrativo unico, esattamente come le reminiscenze degli uomini confluiscono in una sola direzione: la storia, dove la storia di uno, di molti, è la storia dell’umanità, un’umanità ferita e dolorante. Il dolore è la direttiva lungo la quale corre e si dispiega il filmico di Partenonas, di Mantas Kvedaravičius, presentato in concorso alla trentaquattresima Settimana Internazionale della Critica, un racconto di pelle livida, calpestata e tumefatta, che emana l’inconfondibile odore di morte, in un non luogo dell’essere.