La storia di un matrimonio non può che reggersi, dietro tutte le apparenze e illusioni, su un disequilibrio, su una serie sterminata di inaccessibili non-detti, quasi vogliano rimanere tali fino alla fine, fino al disfacimento previsto, scanzato. In Marriage Story di Noah Baumbach già si avvertono le brutture, gli scollamenti, dice Nicole alla sua avvocatessa, raccontandole la sua storia e confessandole quanto queste "piccole" cose venivano programmaticamente trascurate durante il suo rapporto con Adam, troppo egoista, troppo preso dalle proprie ambizioni. 

Ci si aggrappa quindi all'idea che, prima o poi, le cose cambino, con tutta la forza e l'amore possibili; lo stesso amore che, come si vedrà poi, assumerà un'altra forma, ri-definendosi sul nuovo stato delle cose, plasmandosi in base a neonati bisogni e sentimenti. In un libro-manifesto in parte autobiografico, alla fine, la scrittrice e attivista Chris Kraus scriveva che nessuna donna è un'isola - e vale lo stesso per gli uomini - e che ci si innamora nella speranza di ancorarsi a qualcun altro, di non cadere. Ma a un certo punto l'ancora cede e il legame si spezza, le contraddizioni, dissonanze di voci e le liti soffocate nel silenzio esplodono. E si cade, inevitabilmente. In questo senso, alla stregua di Kraus che in I love Dick descrive l'ambiguità e l'inafferabilità del desiderio dal punto di vista di entrambi i coniugi, concedendogli anche pari spazio, nel trattare le dinamiche del matrimonio di Nicole e Adam, Baumbach sceglie una prospettiva non dissimile, esplorando una zona grigia indefinita, di transizione, in cui non si riesce a capire chi si è, il proprio obiettivo, all'infuori della coppia dopo la separazione.

E per questo motivo, anche merito di una sceneggiatura che tende a una costruzione quasi speculare, limpida, di entrambi i personaggi, risulta difficile avvicinarsi a uno piuttosto che a un altro, parteggiare, collocare ragione o torto. Preda di un corso del tempo che sembra sfuggirgli, scorrergli davanti senza che ne abbiano il pieno controllo, Adam e Nicole vengono colti dal regista in balia della loro incomunicabilità, non riuscendo a esprimersi se non attraverso le discussioni furibonde o, per contraltare, situazioni ricorrenti, silenti, del loro rapporto: Nicole che gli taglia i capelli, Nicole che gli ordina da mangiare durante l'incontro con i rispettivi avvocati. Dettagli, simboli, frammenti di un'espressione amorosa che stenta a tenersi in piedi ma che vuole, nonostante tutto, essere ed esserci ancora. Come nel caso di Frances Ha, Baumbach segue i personaggi con dedizione e lucidità, riuscendo a cogliere le venature e problematiche di moti interiori instabili, convulsi, anche se per Nicole e Adam i ritmi sono più lenti, la narrazione meno frenetica e i tempi più dilatati: crescono quindi i suoi personaggi nel momento in cui la sua idea di fare cinema, di inquadrarli, si evolve, crescendo anch'essa. Così il significato della Marriage Story di Baumbach pare trovarsi nella possibilità che il sentimento, l'amore, al di là della rottura che è soltanto costrutto e superficie, restino e diventino qualcos'altro, contemplando la necessità, umana, di sentirsi e preservarsi ancora.

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