Se c'è tra voi chi non conosca ancora
l'arte d'amare, legga il mio poema
e fatto esperto colga nuovi amori!

[…]

S'è vero ch'è selvaggio e che sovente
scalpita e freme, Amore è ancor fanciullo:
docile età ch'è facile a guidarsi.”

(Ovidio, Ars amatoria)

 

Interrogandosi su che cos’è l’amore ci si espone spesso al rischio di immobilizzarlo su di un certo piano, su convenzioni predeterminate, sulla necessità che questo «sentire» umano esaudisca un complesso di aspettative piuttosto che un desiderio, un’aspirazione a realizzarsi e riconoscersi nell’incontro con l’altro. Nel tentativo di rendere meno impervio questo percorso, esistono, e sono senza dubbio sempre esistiti, dei tecnici dell’amore, traghettatori di anime dissipate, sfibrate dal logoro iter di “conquista” e “caccia”; strateghi, quindi, che avranno l’onere di impartire se non proprio delle regole assolute, almeno delle norme e l’amore con cui si ha a che faren consiste in una brama che tende verso un obiettivo definito fin dall’inizio, di impadronirsi cioè di un essere ben preciso, possederlo. Ci si chiede di conseguenza se «questo amore sia ancora amore» e quanto giovi a una sua autentica decifrabilità il ridurlo a una topografia chirurgica, volendo andare lineari da un prima a un dopo, deviando da intermittenze o cortocircuiti.

Ma l’espressione amorosa, e ancora di più quella aderente alla sfera della sessualità, è qualcosa che fa fatica a palesarsi, tanto più per una sua inattendibilità, spesso deragliando dagli schemi entro cui si cerca di serrarla. E un’unica e invariabile topografia amorosa è quindi inattuabile, impossibile da tracciare. Da questo punto di vista, il consulto psicologico e la terapia sessuale eseguiti clandestinamente dai personaggi di Otis e Maeve in Sex Education significano interrogare l’agire sessuale scandagliandolo e mettendone a fuoco i suoi tratti caratterizzanti, ponendo cioè sotto la lente d’ingrandimento certe particolari pieghe di senso che si offrono all’approfondimento, aprendo sempre ulteriori interrogativi e nuovi sentieri di ricerca.

Un’arte di amare, quindi, nel senso di “perizia” e “saper fare tecnico” volto a un miglioramento, che eleva l’eros a dignità di scienza, d’indagine e scoperta di sé e poi dell’altro, dovrebbe costituire l’essenza di uno stare al mondo condiviso e collettivizzante, a partire dal raggiungimento di una verità che passa attraverso il discorso sul corpo, sulla sessualità: la sessualità si carica così di un nuovo valore di verità, originando quel meccanismo di confessione-esposizione della realtà del proprio Io in tutti i suoi significati: che si tratti di avere un membro sproporzionato, come nel caso del bullo della scuola Adam o di non riuscire a masturbarsi pur spacciandosi per un guru del sesso, come per Otis. E se questo passaggio risulta poi essere l’origine vera della libertà, non ci dovrebbero essere censura né reticenze. La serie ideata da Laurie Nunn congloba proprio questo senso di libertà, vale a dire un esporsi e mostrare tutto senza censure e filtri, anche nel linguaggio volgare, diretto, nelle sue molteplici rappresentazioni plastiche - disegni di sessi femminili e maschili, imitazioni di fellatio – e un’estrema naturalezza nel disvelamento di sé, le cui difficoltà non sembrano neanche sussistere all’interno delle mura del liceo Mordale, giacché a essere vissuta è l’esperienza della varietà, dell’eterogeneità, a dispetto del diffuso e capillare bisogno di regolamentazione del desiderio.

Simile nelle tematiche trattate ed esplicitamente dichiarate sullo schermo è Assassination Nation di Sam Levinson, anche se il film si rivelerà poi essere un feroce e sanguinario horror satirico dell’America contemporanea, avente la medesima forza deflagrante della serie tv della Nunn. La narrazione si dipana intorno alle figure delle quattro protagoniste che incarnano in un certo senso la disinibizione, il “peccato” che andrà a rivelare il reale squallido volto del cittadino medio americano: turbato dalla nudità, da ciò che fuoriesce dai propri parametri esistenziali e impossibilitato a riconoscersi al di fuori del proprio Io, come se non ci potesse essere altra realtà al di fuori di quella standardizzata da un etos congelato e monocorde. Lo stesso che intende disigillare la gioventù di Sex Education.

Ogni episodio si apre con performance sessuali grottesche, sfregamenti di corpi sudaticci e vischiosi, impellenza, brama isterica di pervenire a un godimento che puntualmente mai si realizza: si pensi ad Adam, il bullo della scuola, con un padre anaffettivo e freddo; all’incomunicabilità fisica della coppia di lesbiche, ai problemi di masturbazione propri della maggior parte dei giovani pazienti; all’insicurezza e alla necessità di fare del sesso senza vedersi, a luci spente, rompendosi il collo o un braccio. Durante le sedute di terapia si parlerà delle varie modalità dei rapporti sessuali, forme di avvicinamento e comprensione nei confronti dei partner, di prevenzione e spesso anche di artifici tesi a raggiungere o amplificare il piacere e il desiderio. La singolarità di ciascuna esperienza è soltanto apparente, e attraverso il consulto psicologico e sessuale, all’inizio imitando con scarsi risultati la madre, dalla cui “ombra” si distaccherà gradualmente, Otis cercherà di pervenire a tante soluzioni che sono in realtà la diversificazione di un unico, sistematico problema. Se parlare di sesso e sessualità è un gesto tuttora confinato alla sfera del “mito”, nel senso di un qualcosa di favolistico, mistificato, appunto, da miscredenze e ignoranza generali o relegato a una élite, con il superamento, immediato e immanente, di categorie e divieti, Sex Education perviene ad un vigore etico e politico rari.

Rielaborata e reinventata l’impostazione della commedia teen, con caratteri e situazioni connotati in maniera altrettanto dirompente, non c’è possibilità di distacco da parte dello spettatore, né di epidermico assorbimento di immagini e suggestioni, non potendo che riflettersi in questo prodotto così extraterritoriale, non appiattito dalle convenzioni del genere cui si riferisce, plurale, dove l’atto del manifestarsi, esporsi in tutta la propria urgenza è una forma di conoscenza interiore e reciproca.

In Storia della sessualità, Foucault sostiene che in Occidente, almeno dal Medioevo in poi, non s’impara a fare l’amore, a dar piacere e produrlo negli altri, a massimizzarlo e intensificarlo con il piacere degli altri. La conseguenza di questa difficoltà, a causa di stabilite pratiche di coercizione e repressione corporea, nel produrre cioè «un tipo di piacere che sia il più forte e il più duraturo possibile» è la mancanza di conoscenza circa la realtà del proprio corpo: ciò che rappresenta la prima fonte di frustrazione e impasse emotiva della maggior parte dei giovani del Mordale e specialmente per Aimee, che finge di provare piacere per timore di essere stigmatizzata dalle sue compagne, non riuscendo, nel contempo, a procurarlo all’altra persona. Come nel caso di molti altri personaggi, anche Aimee vivrà una transizione, un cambiamento che la porterà a una presa di consapevolezza radicale e decisa: dal momento in cui Otis le proporrà l’alternativa dell’autoerotismo, da lei mai contemplata poiché “deprimente”, a presentarsi sarà la possibilità di liberare la propria sessualità dal giogo a cui lei stessa l’aveva sottomessa, consentendole finalmente di parlare, a sé stessa e chi poi avrebbe avuto davanti, senza finzioni.

La terapia di Otis e Maeve è dunque ciò che supplisce la mancanza, per contraltare, di un’educazione sessuale adeguata nelle scuole, i luoghi del sapere che dovrebbero formare l’individuo piuttosto che spaventarlo e metterlo sotto scacco: un’educazione autodeterminata, indipendente dalle regole di una dimensione familiare in ogni modo inadeguata, tanto opprimente quanto assente, che si allinea acriticamente o decide di venire incontro alle “altre generazioni”, ad un modo queer e multiforme di approcciarsi alla propria sessualità e identità di genere, come nel caso del rapporto tra Eric e il padre. In un contesto oscurantista e oltremodo conservatore come il nostro, Sex Education si configura come un atipico, raro dispositivo di apertura, inscenando l’orizzonte infinito di possibilità che il discorso sul corpo e sulla sessualità prospetta, ancora tutto da indagare, scrivere e ridefinire.

 

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