Rapsodie

Gianfranco Costantiello
11-07-2016


altPierre e Manon si amano. Fanno dei documentari con niente e sopravvivono facendo piccoli lavoretti. Pierre incontra una giovane stagista, Elisabeth, che diventa presto la sua amante. Egli non ha intenzione di lasciare Manon per Elisabeth, ma vuole stare con entrambe. Un giorno Elisabeth scopre e rivela a Pierre che la sua donna ha un amante. Manon e Pierre si separano.

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Matteo Marelli
04-07-2016

altSolo la famiglia può donarti la misura della tua crudeltà
(Antonin Artaud, I Cenci)


Citando Godard possiamo dire che La calle de la Amargura di Arturo Ripstein è al contempo un conte de faits (un racconto di fatti) e un conte de fées (un racconto fiabesco). È lo stesso regista a  convincerci di questa lettura quando dichiara: «Il mio film è tratto da una storia vera - un omicidio che fece scandalo in Messico nel 2009 -, ma questo non viene dichiarato. E non è un caso. Perché preferisco l’invenzione [...]. La realtà è un’occorrenza passeggera. La verosimiglianza è, ai suoi massimi livelli, eterna. E` questa la mia aspirazione. La storia, i personaggi, l’atmosfera, la struttura del film sono più veri che mai, perché pur essendo nati dalla realtà sono diventati, grazie al cinema, una meravigliosa finzione.»

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Nicola Curzio
27-06-2016


altDeserto. Lo sguardo della mdp segue una traiettoria circolare che rivela il vuoto circostante. Nessun punto di riferimento, nessuna coordinata spaziotemporale: un limbo grigio impermeabile alla luce, un luogo opaco e misterioso. A un tratto, una voce metallica, marziana, cattura l’attenzione: un messaggio di rivolta si propaga nell’aria, diffuso tramite onde radio, trasportato dal vento: il mondo cui crediamo di appartenere in realtà non esiste. Le immagini che lo compongono celano il nulla. L’unica maniera per sopravvivere sta nel puro movimento.

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Alessandro Cappabianca
21-06-2016

alt“Come d’arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz’altra forza atterra,
D’un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l’opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l’assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre...”

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Leonardo Gregorio
13-06-2016


altUn americano a Parigi, ma Vincente Minnelli è lontano. Brady Corbet è l’attore, il corpo, il racconto, il vuoto che potrebbe  essere atterrato, poniamo, da un set di Harmony Korine,  o di Gaspar Noé, di Gus Van Sant. Ed è per il regista Antonio Campos, classe 1983, il volto perfetto, unico, come già lo era stato Ezra Miller nel suo Afterschool (2008). Mentre Simon Killer (2012) è solo il titolo di un film, un’approssimazione, una bugia. Una eventualità, o meglio l’ambiguità perfida del cinema, dell’inquadratura che c’è, dell’inquadratura che manca. Perché il film stesso si pone come realtà falsata, inturgidita, un effetto, fittizia nervatura thriller, mette in scena l’erosione, un realismo fallimentare che pedina le figure ma che non può più dire.

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Massimo Causo
06-06-2016


altNon è tanto per contarsi – forse meglio sarebbe dire contemplarsi – in quanto italiani se, contravvenendo al fastidio avverso a ogni forma di patriottismo festivaliero, provo a proporre una prospettiva italiana dall'ormai lungo ritorno da Cannes 69. Il fatto è che, lontano dai riflettori della competizione, il cinema italiano che ha praticato la Croisette quest'anno sembra offrire, nel bene e nel male, un quadro un po' insolito rispetto ai turgori autoriali che, sempre nel bene e nel male, ci accompagnano al Festival. Cannes 69 è stato per gli italiani il festival delle incertezze, delle deviazioni dalle calligrafie autoriali che pure amiamo. Tutto ha viaggiato su una proficua fragilità, su una disfunzionalità che coinvolgeva prassi filmiche, definizioni caratteriali, linee narrative, osservazioni e contemplazioni.

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Sergio Grandolfo, Michele Sardone
30-05-2016


altDestatisi dalla visione di Cemetery of Splendour, si resta con l'impressione che forse la narcolessia che ha colpito i soldati nel film sia molto più pervasiva, che una malia tropicale abbia preso ciascuno di noi; una sindrome astenica che si manifesta con l'atto stesso del vedere e che ci induce a percepire ogni cosa che vediamo, anche la più raccapricciante e più prossima a noi, come uno spettacolo che non ci riguarda e dinanzi al quale non ci sentiamo chiamati ad avere alcuna reazione.

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Sergio Grandolfo, Matteo Marelli
21-05-2016


alt«Il Purgatorio è un transito. Un passare. Uno sconfinare. E Napoli – come ci ricorda Enzo Moscato – è sempre stata una città di profondi sconfini. Non soltanto architettonici [...]. Si potrebbe dire che Napoli è un’espressione, non tanto metaforica, ma proprio fisica, concreta, della purgatorialità».

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Sergio Grandolfo
16-05-2016

altTempo e corpo, figura dell’assenza

Quella di Hou Hsiao-Hsien è un’immagine che si muove per mancanze, per assenze, va e viene lungo l'annerimento di gallerie e barbagli antelucani (Dust in the Wind), che ritornano (Goodbye South, Goodbye); scorre attraverso lumi e fumi d’oppio, tra battiti di palpebre (Flowers of Shanghai) che assopiscono la luce. Fluisce notturna, cadenzata da neon che fuggono dentro gli occhi, voltati a scrutare in volto lo scorrere lucente del tempo nel breve e lacerato tempo della carne, dando vita ad un’immagine discontinua, a salti1, per poi dissolversi, cadere nel buio (Millennium Mambo). Sono queste cadenze (dell’immagine) a lenire (e desiderare) la ferita della luce, come se fosse l’immagine a guardare, a battere le sue palpebre, ad annullare le distanze che separano luoghi e tempi, e a ricongiungere l’incessante vagare dei corpi, smagati ma desideranti per viali, paesaggi ed epoche Taiwanesi.

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Luigi Abiusi
02-05-2016

altSalpato da un porto di luccicanze, crepuscolo elettrico, cigolante già il proprio non essere più, la propria evanescenza accesa nel tremolio dei fari, Dead Slow Ahead è ecosistema di galleggiamento, di deriva, protratta avaria in acque morte. Vive in una massa, un’inerzia d’acqua-tempo stagnante nonostante il moto ondoso che si vede dagli spiragli dell’inquadratura: mare aperto e spume, fino a banchi d’acqua colloidale, che si muovono lentamente in una plaga bianca, come intima ossessione, lo slow, dello sbaraglio del mare.

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