Uzak 45 | inverno/primavera 2024

Rapsodie

Gemma Adesso
01-08-2016


«E quando furono saziati, disse ai discepoli: “raccogliete i pezzi avanzati che nulla si perda”.»
Giovanni, 6:12





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Vanna Carlucci
24-07-2016


altÈ un movimento embrionale che sta per darsi mentre qualcos’altro è in procinto di giungere, il film di Alessandro Comodin; occhi aperti e in attesa, il tempo di una rincorsa e i I tempi felici verranno presto. Il plurale preannuncia un salto temporale, un varcare soglie e confini per ritrovarsi in età differenti che scorrono sempre in avanti, in un utopico futuro proiettato per aria.


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Luca Romano
18-07-2016


altÈ possibile che la comunicazione avvenga attraverso i sensi di cui ogni uomo è dotato, tuttavia è possibile anche che questo non avvenga, che qualcosa non funzioni in chi comunica, in chi riceve il messaggio o nel tramite, la letteratura filosofica (e non solo) a riguardo è molto ampia. I punti di rottura di una comunicazione possono essere molteplici e ognuno di questi può non essere il solo.

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Gianfranco Costantiello
11-07-2016


altPierre e Manon si amano. Fanno dei documentari con niente e sopravvivono facendo piccoli lavoretti. Pierre incontra una giovane stagista, Elisabeth, che diventa presto la sua amante. Egli non ha intenzione di lasciare Manon per Elisabeth, ma vuole stare con entrambe. Un giorno Elisabeth scopre e rivela a Pierre che la sua donna ha un amante. Manon e Pierre si separano.

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Matteo Marelli
04-07-2016

altSolo la famiglia può donarti la misura della tua crudeltà
(Antonin Artaud, I Cenci)


Citando Godard possiamo dire che La calle de la Amargura di Arturo Ripstein è al contempo un conte de faits (un racconto di fatti) e un conte de fées (un racconto fiabesco). È lo stesso regista a  convincerci di questa lettura quando dichiara: «Il mio film è tratto da una storia vera - un omicidio che fece scandalo in Messico nel 2009 -, ma questo non viene dichiarato. E non è un caso. Perché preferisco l’invenzione [...]. La realtà è un’occorrenza passeggera. La verosimiglianza è, ai suoi massimi livelli, eterna. E` questa la mia aspirazione. La storia, i personaggi, l’atmosfera, la struttura del film sono più veri che mai, perché pur essendo nati dalla realtà sono diventati, grazie al cinema, una meravigliosa finzione.»

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Nicola Curzio
27-06-2016


altDeserto. Lo sguardo della mdp segue una traiettoria circolare che rivela il vuoto circostante. Nessun punto di riferimento, nessuna coordinata spaziotemporale: un limbo grigio impermeabile alla luce, un luogo opaco e misterioso. A un tratto, una voce metallica, marziana, cattura l’attenzione: un messaggio di rivolta si propaga nell’aria, diffuso tramite onde radio, trasportato dal vento: il mondo cui crediamo di appartenere in realtà non esiste. Le immagini che lo compongono celano il nulla. L’unica maniera per sopravvivere sta nel puro movimento.

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Alessandro Cappabianca
21-06-2016

alt“Come d’arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz’altra forza atterra,
D’un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l’opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l’assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre...”

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Leonardo Gregorio
13-06-2016


altUn americano a Parigi, ma Vincente Minnelli è lontano. Brady Corbet è l’attore, il corpo, il racconto, il vuoto che potrebbe  essere atterrato, poniamo, da un set di Harmony Korine,  o di Gaspar Noé, di Gus Van Sant. Ed è per il regista Antonio Campos, classe 1983, il volto perfetto, unico, come già lo era stato Ezra Miller nel suo Afterschool (2008). Mentre Simon Killer (2012) è solo il titolo di un film, un’approssimazione, una bugia. Una eventualità, o meglio l’ambiguità perfida del cinema, dell’inquadratura che c’è, dell’inquadratura che manca. Perché il film stesso si pone come realtà falsata, inturgidita, un effetto, fittizia nervatura thriller, mette in scena l’erosione, un realismo fallimentare che pedina le figure ma che non può più dire.

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Massimo Causo
06-06-2016


altNon è tanto per contarsi – forse meglio sarebbe dire contemplarsi – in quanto italiani se, contravvenendo al fastidio avverso a ogni forma di patriottismo festivaliero, provo a proporre una prospettiva italiana dall'ormai lungo ritorno da Cannes 69. Il fatto è che, lontano dai riflettori della competizione, il cinema italiano che ha praticato la Croisette quest'anno sembra offrire, nel bene e nel male, un quadro un po' insolito rispetto ai turgori autoriali che, sempre nel bene e nel male, ci accompagnano al Festival. Cannes 69 è stato per gli italiani il festival delle incertezze, delle deviazioni dalle calligrafie autoriali che pure amiamo. Tutto ha viaggiato su una proficua fragilità, su una disfunzionalità che coinvolgeva prassi filmiche, definizioni caratteriali, linee narrative, osservazioni e contemplazioni.

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Sergio Grandolfo, Michele Sardone
30-05-2016


altDestatisi dalla visione di Cemetery of Splendour, si resta con l'impressione che forse la narcolessia che ha colpito i soldati nel film sia molto più pervasiva, che una malia tropicale abbia preso ciascuno di noi; una sindrome astenica che si manifesta con l'atto stesso del vedere e che ci induce a percepire ogni cosa che vediamo, anche la più raccapricciante e più prossima a noi, come uno spettacolo che non ci riguarda e dinanzi al quale non ci sentiamo chiamati ad avere alcuna reazione.

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