Nessuno immagina un mondo, o un modo, in cui la passione ardente, il desiderio, il bisogno di farsi uno con l'altro e sentirlo, prima di tutto nella carne, possano smettere di turbarci, infiammarci, di esercitare una forza e un controllo tirannici, magnetizzando così lo sguardo, orientandolo a un unico punto di fuga, verso cui tutto, affetti, pulsioni, violenze, sembrano convergere. E questo punto è la verità (e nudità) del corpo, magro, spento, quasi trasparente, dei carcerati di El Principe; corpi logori, consunti dall'incedere di un tempo sempre uguale, le risse, le lotte interne per il potere, le giornate vuote, il nichilismo della dimensione carceraria arginato dal sentimento gradualmente riacquisito.

L'ebbrezza e il narcisismo portano il giovane Jaime ad accoltellare il suo migliore amico e sua prima infatuazione, venendo così arrestato e gettato in un nonluogo straniero, una prigione in cui - la storia è ambientata negli anni '70 in Cile - la perdita della propria identità sarebbe stata imminente. Tuttavia, Jaime ha poco più di vent'anni e un posto nel mondo, e quindi anche quella sicurezza e fermezza che lo renderebbero meno scalfibile, sono per lui ancora imprecisati; semrba poi non volersi mai schierare, mai prendere una posizione, essendo in libertà, sempre ondivago, alla ricerca di appagamenti temporanei e, per contrappasso, la sua punizione in prigionia consisterà nell'obbligo, chiarificatogli fin da subito dallo "stallone", il più anziano della sua cella, di definire le proprie scelte, autodeterminandosi attraverso il contatto con l'altro, il rispetto. Ma è soprattutto attraverso il sesso, il sesso inteso come conoscenza e avvicinamento all'altro, lo sfregamento di labbra, cosce, genitali che quel sentimento aleggiante sulla storia e sui personaggi, sia soffocato che animato dalla violenza carceria, prende vita, facendo sì che Jaime cresca, divenga uomo.

In questo senso, Sebastian Muñoz lima i contorni di uno spazio che da mortifero diviene estremamente vitale, vibrante, rinvigorito dalla flagranza dell'eros, del desiderio sessuale, alternando il presente con flashback, tenerezze e rabbia, all'insegna di un «contrappunto di dolcezze e furori», avrebbe detto Salvatore Quasimodo. Contrappunto orientato dalla presenza dello Stallone che sembra contenere tutti i segreti, le afflizioni e le vite degli altri prigionieri, divenuto a poco a poco loro padre, figura necessaria e totemica. Film materico e cangiante, El Principe filma un atipico coming of age, controcanto di tutto ciò che ci si aspetterebbe da una storia di catene e violenza, servendosene, invece, come moto propulsore e potere attrattivo.

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