risultati per tag: Dream-cinema

  • C’è un che di rassicurante nel sapere che dopotutto, dopo tutti i passivi nichilismi e cinismi di certo cinema mitteleuropeo, vaghi per l'Europa una nuova generazione di registi entusiasti e malinconici, ironici e lirici allo stesso tempo, smodati soprattutto rispetto ai canoni di equilibrio iconico-narrativo che vigono nel cosiddetto cinema d’autore; capaci di reinventare non solo la propria tradizione mediterranea, ma anche quella più dialetticamente europea, almeno a partire dalla comune base cogitante illuminista e arrivando a un postmodernismo che, fuori da citazionismi a sé e dentro la rianimazione e la mutazione della carne letterario-cinematografico-musicale, si presenta come l'unica forma di umanesimo possibile, anche contro certi richiami all'ordine realistico (io direi più che altro, descrittivo-mimetico) di cui s’è letto qua e là nei mesi passati.

  • Le Bêtes blondes, fuori dall'imperativo, dall'ansia di corrispondere ai caratteri di una realtà mimetica per via di sceneggiatura, narrazione, il disegno ponderato di soggetti, perfettamente agenti dentro la storia; sono spettri, fantocci cangianti che vagano in un interregno di segni, un caos di presagi, avvisaglie di una trama che non si realizzerà se non nel suo giocoso e macabro girare a vuoto, nella sua endemica, concentrica apertura a quell'universo di opzioni, virtualità, coreografie in immediato annullamento, che attende ai margini del mondo empirico per essere significato.

  • Corpo totemico dell'instabile universo pan-sessuale genito da Bertrand Mandico è l'immancabile Elina Löwensohn, Valentina, Barbarella dei tempi nostri, che con la sua presenza fisica attraversa tutto l'universo mandichiano conferendogli con la carne reale una sorta di continuità ontologica sul piano immaginativo, avvertibile al di là delle diverse identità sceniche che assume.

  • È già da qualche anno che in Francia si fa largo un cinema fulgido, fiammante per quanto laterale - una specie di acrocoro animato da iniziati, da dei mistici scapigliati o altrimenti imbonitori della mise en scène - che si può definire “dream-cinema” oppure, per restare alla lingua d'origine, “cinéma-rêve”: un regime di sopra-realtà, di personaggi sonnambolici, lirici, vaganti come spettri in teatri di posa, in prosceni spogli, di cartone e anditi ingombri di chincaglie, o al contrario sgangherati, furenti, ridicoli nei loro eccessi e nelle loro pose, che avanzano, magari attraverso le strettoie di Parigi lasciate aperte nel mezzo dell'ingombro, del peso della realtà.

  • All'interno di quel corpo di film tenuti insieme dall'emergere, dal delinearsi, anche dall'evaporare di una poetica del sogno – quello che io chiamo cinema-rêve o dream cinema –, che va dall'inizio degli anni Dieci (dall'Âge atomique di Héléna Klotz) e arriva a Jessica Forever di Poggi e Vinel (e alle Bêtes Blonde di Matray e Walther), se Mandico rappresenta il delirio, cioè il grado massimo di onirismo (soprattutto in Ultra pulpe), con inferenze di grottesco e sadismo, Poggi e Vinel sul versante opposto sembrano perseguire una dimensione incerta, transeunte, di quasi-sogno, in cui vige un'alta emotività di tipo adolescenziale che caratterizza i protagonisti.

  • C’è un doppio sguardo, frantumato dal taglio netto sulla dualità del soggetto, sovrapposto sul fascio di luce arrivato dall’alto, pure specchiato, che è di Hannah Höch nel suo Autoritratto con Crack (1930, Berlinische Galerie), al quale si ha l’impressione di poter accostare l’idea di cinema di Bertrand Mandico – astro nascente di una nuova tendenza francese, consacrato dai «Cahiers» – nelle specificità tecniche che gli sono proprie: metafora à rebours di un discorso sull’arte che riflette su di sé, sulle possibilità e sugli strumenti che ad essa sono connaturati; paradossale, vibrante, intensivo dream workche era stato delle avanguardie, ora reinterpretato nelle modalità dissacranti del ghigno, o del balbettio, quando non afasia, oppure al contrario dall’urlo, dal fluire emorragico, metafilmico, di liquidi che tingono lo schermo, del graffio furente sugli occhi.

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