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  • Il «mostruoso» si potrebbe definire come un’interferenza nell’ordine delle cose: è mostruoso qualunque evento che provoca, attraverso la sua sconcertante stravaganza, la sua eccedenza, uno strappo violento nel tessuto del quotidiano e che non si capisce bene da dove provenga: è il non completamente focalizzato (registrare la messa a fuoco, ritardarla, procrastinarla, fingerla, è anche una maniera per non lasciarci assorbire dal mostruoso, evitando il faccia a faccia che ci perderebbe). Il mostruoso è il senza fissa natura, perché partecipa nello stesso tempo, e disordinatamente, di molte nature eterogenee insieme (il Capriccio) o di nessuna (l’Ombra). La reazione al mostruoso è la Nausea, che insieme anima l’inerte e si rifiuta di assimilarlo. Nausea che si può considerare, in un certo senso,anche come una forma estrema (e mostruosa) di reticenza.

  • «Pure, io mi rivolgo altrove: / verso la santa inesprimibile / misteriosa Notte.»

    Perché Novalis preferiva la Notte, rispetto al luminoso Giorno? Perché la Notte schiude in noi infiniti occhi interiori, attraverso i quali possiamo metterci in sintonia con coloro che credevamo di aver perduto. Il contatto con i Morti non lo spaventava – anzi, la Notte ce li restituisce vivi, ci svela l’inganno della perdita, che è solo un’illusione, un brutto sogno dal quale ci si risveglia. Così il poeta poteva elaborare il lutto per Sophie, la fidanzata morta, e dialogare con lei  come se fosse viva, o più che viva: addirittura trasfigurata.  Allo stesso modo in cui Dante, uscito dalla selva oscura e risalito dagli inferi, dialogava con Beatrice.

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