A dimostrazione che tutto è cinema, anche se quello che vorrei dire è che è Poesia (l'ho già detto altre volte, sulla strada che da Schelling porta a Nietzsche e ad Heidegger ecc.), un ambito più generale, una risacca di cose, ricordi, assenze, che si coinvolge, si sconvolge su di sè lasciando brandelli sanguinanti sul selciato e ricomponendosi come se nulla fosse, e in effetti è; tanto più generale da abbracciare un qualche universo sconnesso, basculante, con le sue dimensioni, punti di vista, in cui le cose hanno senso nel senso dello sguardo profondante, dilatante - se si fissa lo sguardo, solo se si fissa lungamente lo sguardo sulla materia, quella prende a vibrare, brulicare in sibilo, in visibilio, ché non è che la realtà sia, esista senza che la si debba immaginare: ecco tutto, ecco, tutto è questione di immaginazione, se no niente esiste - nel senso dei sensi che ne captano e ne traducono il dolore e l'estasi soffocanti.
Movimento, plastica come segni: una rapsodia di gesti plasmata dalla luce, ero assorto nel piovasco luminoso che gialleggiava nella taverna Deluzio, vomitato (come sempre quando si tratta di luce: l'alba è il primo conato, non vagito, di vita) da lampadine a sfera, dalle loro vene gialle a vista, che si svenano sui tavolini, le mescite ad ambra, una appare in un vestito a fiori con occhi catastrofici entro cui vedere baratri a vento, una pandemia di ruggine, sassi a rompere gli specchi d'acqua torbida. Dalla svenatura, ferita di luce, gronda anacronistico Le vent nous portera, così saturo, coagulato nella sua fibra volante, evanescente, mentre ripete che tutto sparirà, consumato dalla luce, che fa fermentare la polpa delle cose, questo vomito secreto dalla scorza del mondo.
Che lascia indizi, esalanti come bitume intossicante: almeno la sparizione, ma voci sempre presenti, di Arianna in Domingo il favoloso, ristampato di recente, o quella di Saverio nel Primo quarto di luna, entrambi di Arpino, miracolosi esempi di letteratura che si trascende; così cinematografiche, fantasmatiche, proprio nel rigurgito di presenza intrinseco allo scomparire. Pezzi casuali di un mosaico, capitati, ricordati per Caso in questa estate, in questa costante ricerca di sé che non porta a Niente se non a perdersi - mentre un brivido, un respiro di cose stantie, come canterani che marciscono in cantina, e l'alito mucido del silenzio, o le lacrime vischiose, maleodoranti di sangue che ti restano in mano, entrano dalla finestra mentre spiccio sullo schermo questi sputi di parole - che compone il nostro essere fatti solamente per errare e ricordare, prima di sparire.