*Una prima versione di questo testo è uscito su "Sentieri selvaggi" il 13 agosto 2021.
Edoardo Bruno fu il primo a cogliere l’anima nascosta da profezia di quel discusso documentario di Ferrara (Quanto al futuro, ascolti: i suoi figli fascisti veleggeranno verso i mondi della Nuova Preistoria), e chissà cosa direbbe oggi guardando Zeros and Ones, un film che è forse il vero punto d’arrivo di una parabola che nasce proprio tra le maglie delle riprese di Piazza Vittorio (qualcuno dirà anche da molto prima, dal New Rose Hotel almeno)… la stazione Termini che in quel film era costeggiata dalle interviste di fronte alla Caritas e tra le palazzine di via Giolitti (si trattava già di un ritorno sui luoghi del set di Pasolini), pochi anni dopo sarebbe diventata il palco della crocifissione finale di Tommaso – come in quella tradizione tutta italiana di “appunti per un film su”, se l’opera con Dafoe “abita” le immagini del doc precedente, Zeros and Ones riparte dalle peregrinazioni per la Roma notturna sotto lockdown che facevano capolino nell’incredibile Sportin’ Life, e di quel progetto riprende la giovane squadra a supporto, il d.o.p. Sean Price Williams e il montatore Leonardo Daniel Bianchi.
Dai binari di quella stessa stazione Termini fa la sua comparsa nell’incipit Ethan Hawke (incrociato da Abel ai tempi di Chelsea on the rocks), rinnovando da subito la capacità di Ferrara di astrarre i luoghi quotidiani di Roma, e la loro familiarità (andrebbe, Zeros and Ones, mostrato in contrasto a certe “indagini” sull’umanità di Termini che mietono views su youtube negli ultimi tempi, condotte da volti del variopinto mondo del fitness romano…). E’ una notte qualsiasi nei corridoi deserti e sempre inquietanti della stazione dopo una certa ora, e allo stesso tempo non lo è, i soldati di pattuglia sembrano più minacciosi del solito, e le squadre che sanificano i tornelli sembrano provenire davvero dal futuro. Più avanti, il nostro protagonista vede o sogna soltanto di vedere al binocolo la cupola del Vaticano e di Castel Sant’Angelo saltare in aria?
In questa notte infinita in cui è piombata la città, e il suo cuore nero dell’Esquilino, non è più possibile che alcuna verità venga restituita dai mille video sgranati di smartphone, tablet, obiettivi di drone e videochiamate, che inframmezzano il film: Hawke cercherà di sventare questo attentato alla santa sede muovendosi tra le anime sonnambule di un gioco di spie che attraversa i cospiratori russi negli hotel di lusso, gli smanettoni cinesi nei negozietti di riparazioni di cellulari, le palestre improvvisate nei garage, le chiese e le moschee, fino ad infilarsi nei giacigli di cartone dei senzatetto, sotto i porticati. Le domande sono sempre e soltanto due, quelle fondamentali: where? e when?
Difficile trovare una visione più disperata del punto in cui è piombata l’umanità in questa epoca-Covid: il finale porta con sé una carica di ambiguità destinata a restare – in questo risveglio alla normalità di Colle Oppio mentre albeggia, le persone si comportano come nulla fosse perché abbiamo vissuto tutti un incubo lungo una notte intera, o perché ignare del pericolo dell’esercito che li ha già tutti nel mirino, pronto a far fuoco? E’ davvero una bambina che passeggia per strada, sorridente e saltellante, il nuovo nemico pubblico numero uno di questo Stato?