Are We Not Cats si estende in uno spazio cinematografico segnato dal freddo, l'inverno pieno di neve, di fango in cui si muove, è costretto a farlo, Eliezer (Michael Patrick Nicholson) mentre le cose intorno suonano il loro ruvido, romantico blues, tra True Love Don't Grow On Trees di Helene Smith, I Got a Thing, You Got a Thing, Everybody got a Thing dei Funkadelic, e l'Yvonne Air di Straighten Up. È un percorso figurale, a tratti addirittura pittorico, all'insegna della ruvidità appunto, la pesantezza; che si snoda dentro le pieghe di una crisi, che è poi quella di un'intera generazione, o di quel che ne resta, colta a brancolare, a danzare e a pogare in uno scantinato al ritmo di noise-rock; e va verso un cambiamento inatteso, una vera e propria mutazione, proprio dello scenario, che si ammorbiderà, smusserà e avrà colori fosforici. Allora in qualche modo post-cronenberghiano questo film scritto e diretto da Xander Robin, che a un tratto comincia a maturare pustole sul corpo e a perdere la sua pelle, il suo strato di ironia sogghignante (ad esempio la figura beffarda, lynchiana del padre che sillaba in faccia al figlio lo sfratto imminente mentre ghigna) nel momento in cui Eliezer si ritrova senza fidanzata, senza lavoro e senza casa e prende a strapparsi peli dalla barba, a mangiarli e a vedersi arrossare le pustole sulla schiena. L'occasione del film è allora di tipo psicologico, comportamentale, relazionale: la relazione nervosa con il proprio corpo, prima ancora che con un altro; con la coscienza, anzi l'istinto, della propria inconsunta materialità che ora reagisce all'atmosfera ispida, ostile.
Si tratta della somatizzazione della crisi, nata e poi mostrata in ambiente naturalistico, esistenziale, mentre intorno è come se l'inverno porti tutto allo sfascio e lo sguarnisca, lo guasti, lo ammacchi: una nevrosi che si svolge attraverso il piacere malsano dei tic, del gesto atto alla pulizia del proprio corpo, alla rimozione di pelli morte, la masticazione e ingestione di peli e capelli. Ed è da qui che la storia si evolve in horror, per congestione di capelli nello stomaco, estrazione di un corpo estraneo; e in film d'amore quando il vagare di Eliezer lo porta verso Anya (Chelsea LJ Lopez), altra randagia affetta dalla sua stessa nevrosi, dalla sua stessa solitudine, che li porta ad annusarsi, a scrutarsi con diffidenza eppure riconoscendosi, come gatti randagi ingordi di pelo.
Questo è l'ingresso in una zona ovattata, nido di gatta ingombro di oggetti stravaganti e coloratissimi come giocattoli a corda: un organo a lampadine colorate; un vecchio giradischi collegato a un aggeggio a catena; luci stroboscopiche nella loro versione infantile, fantastica, che iniziano a girare nella stanza colorando il film di blu, di viola accesi, mentre suona Why Can't We Love Together di Timmy Thomas; la tappezzeria lisa, di raso antico, arabescata su fondo oro di una poltrona; una moltitudine di immagini, fogli, fotografie alle pareti e per terra; tazze e oggetti d'arte, marchingegni a ingranaggio, dischi sulle mensole. Una confusione di cose trafugate da chissà dove dalla gatta randagia, sparse per tutto il loft, che sembra la stessa dello Jarmusch di Only Lovers Left Alive, e fa di Are We Not Cats uno di questi oggetti d'arte, caleidoscopici, il più ricco, adorno di una colonna sonora straripante che va dal blues al funky, allo shoegaze, fino al free jazz spirituale di Albert Ayler; pieno di tinte pastose, che alla fine sfavillano mentre i due giovani si ritrovano in questo paesaggio dell'accumulo, e ancora davanti alla tentazione, al desiderio dei peli, del groviglio, di cui uno, il più orrendo, incastonato di pietre smerigliate e appeso al soffitto, ora fa parte di un'installazione. E i due protagonisti a completare il quadro: esseri estremi ma inoffensivi, indifesi, corpi snelli, sinuosi, parrucche fucsia, teste spelacchiate, bocche blu, che si stagliano sullo sfondo del bazar multicolore, ricettacolo di gatto.
(Scheda tratta dal catalogo della Settimana Internazionale della Critica - Mostra di Venezia)
La proiezione del film Are We Not Cats si terrà giovedì 17 novembre alle ore 20:30 presso il Cineporto di Bari (Lungomare Starita, 1).
Saranno presenti in sala il regista Xander Robin e il critico cinematografico Beatrice Fiorentino. Introdurrà Luigi Abiusi.