risultati per tag: Valerio Mieli

  • «Su di noi
    il tempo ha già giocato, ha già scherzato
    ora non rimane che
    trovar la verità […]».

    Parla piano, Vinicio Capossela

    Quello che sappiamo del nostro vissuto, riconoscendolo in ultima istanza come tale, è prevalentemente un’impronta perdurata dall’esperienza del passato. Arresa dell’essere e della coscienza al tempo, il quale si fa crogiolo di tracce, segni, immagini assimilate dal mondo e riproposte in una diacronia imperfetta fatta di momenti sempre nuovi e, allo stesso tempo, già vissuti. O ricordati, per l’appunto, trascinati al presente in nuove potenziali versioni di loro stessi; richiamati alla memoria in modo “circolare” nel tentativo di decifrare – come farebbe un occhio fotografico che tenti la messa a fuoco – l’immagine sfuggente che si è frapposta tra la cosa e la sua passata percezione. La prima ricerca umana possibile è, dunque, quella che scava nei ricordi. Di un soggetto sempre più esitante rispetto al reale, così condotto all’indagine mnemonica e alla sfida del riconoscimento dell’oggetto in una sorta di “passato-presente”.

  • «Dentro il crepuscolo d’oro la bruna terra celando
    Come una melodia:
    D’ignota scena fanciulla sola
    Come una melodia
    Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola…
    Illanguidiva la sera celeste sul mare:
    Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell’ale
    Varcaron lentamente in un azzurreggiare:…
    Lontani tinti dei varii colori
    Dai più lontani silenzii
    Ne la celeste sera varcaron gli uccelli d’oro: la nave
    Già cieca varcando battendo la tenebra
    Coi nostri naufraghi cuori
    Battendo la tenebra l’ale celeste sul mare».

     (D. Campana)

    Si vedeva una barca. In fondo era un rosso-blu che si fondeva nell’acqua, scene di Martin Eden tra gli occhi e le labbra, come un sipario di luce capovolta. Arrivava il Tempo lungo dell’Immagine, di deleuziana memoria, a “memoria” del ricordo, dello spettro del ricordo: cartina al tornasole di quello che resta, ancora; dinamica dell’iride che si svuota, si slabbra a (non) contenere quel tramonto, la sua fuga verso il fuoricampo, verso partenze che poi sono sempre stati ritorni: lì dove tutto sembra avere inizio, dove si attende che qualcuno parta, o arrivi. Nel mezzo di una pandemia globale fatta di virus e di armi, mentre arrivano da qualche parte, da terre violentate dall’altro lato di quel mare immagini vere di vite divelte, distrutte, – e mi domando a che valga questa resistenza di carta e di inchiostro, il virtuale di questo tentativo che faccio di scrivere di cinema, di scrivere, nonostante il sangue che si sparge – la sovrimpressione di quel tramonto d’acqua mi porta a Valerio Mieli, a quel suo film che sarebbe disperato se non fosse per il ritrovarsi, “alla fine”, dei due amanti distanti; ai bagagli di Camilla, avvolta nella sciarpa colorata a righe, prima di prendere il vaporetto per Venezia; ai riflessi in basso, nello specchio ridondante degli occhi.

Archivio

Teniamoci in contatto