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  • Buenos Aires a partire dal cinema. Visioni, derive e agguati

    (Traduzione di Giovanni Festa)

    «Non ci siano dubbi: filmare le città scopre il loro mistero»

    (J.-L. Comolli La città filmata)

     

    Filmare una città impone una doppia dinamica. L'esaltazione del visibile, che organizza la città come spettacolo e avventura conoscitiva: il cinema dispone le sue cartografie di meraviglia e desiderio, esplora spazi abitabili e percorribili, registra il movimento delle folle e le mutevoli relazioni tra pubblico e privato, confronta i dissimili tempi di riposo e di accelerazione. Fornisce così nuovi punti di partenza per il cinema del reale e nuove piattaforme per le più diverse possibilità immaginarie che si aprono in quegli spazi, attraverso quella danza di corpi a velocità multipla, di luci e ombre che interagiscono sullo schermo. E queste stesse ombre aprono il passo sia alle luci della città sia al lato oscuro della vita urbana, che il cinema ha messo a fuoco con altrettanta cura, perché non è solo questione di rivelazione. Ciò che viene mostrato e ciò che viene narrato, nel gioco del campo e del fuori campo, rivela, e nello stesso tempo sostiene e alimenta, nel cinema un indissimulabile resto d’ombra, molto più intensa di quella proiettata dai suoi edifici alla luce del giorno o del buio che popola le sue notti. Ciò che il cinema rivela quando filma la città è, come afferma Comolli nell’epigrafe di questo scritto, né più né meno che il suo mistero.

  • Rivoluzioni in cielo come in terra. Le metafore proliferano in entrambe le direzioni. Appartenente in origine al lessico astronomico, il concetto di rivoluzione verrà assorbito dal campo della politica - non senza alterarne il significato - per pensare l'evento: servirà per designare, dal 1789, «una rottura e una radicale innovazione» (Traverso, 2018). Nei pochi secoli che separano l'assalto al cielo (postulato da Marx), dall'attuale eclissi delle utopie (esaminato da Enzo Traverso) emergeranno numerose e notevoli espressioni di una sorta di sguardo di Giano, rivolto all'universo e, insieme, alla vita terrena, che è necessario mutare di radice.

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