La nuit c'est l'oublié du jour

Pace non cerco, guerra non sopporto
Tranquillo e solo vo pel mondo in sogno
Pieno di canti soffocati. Agogno
La nebbia ed il silenzio in un gran porto
[…] La vita è triste ed io son solo
O quando o quando in un mattino ardente
L'anima mia si sveglierà nel sole
Nel sole eterno, libera e fremente

(Dino Campana, Poesia facile, in Il Quaderno)

La notte è sembianza del giorno. Rimembranza. Ricostruzione e rivitalizzazione del giorno in un altro universo di simboli e significati. Essa non appare come la fine di tutto, come un sonno in cui non c’è dato «essere», creare, agire, dunque vivere, figurando invece l’inizio di una nuova esistenza, di un cosmo che transita, scorre, sopra le cose del mondo e nel cui corso – durante il sogno, la veglia, oltre la mezzanotte dei sensi – è possibile l’incontro, l’amore, la soddisfazione di aneliti inappagati. E se si è poeti affinché si riesca a “doppiare” la vita nel senso (duplice) che ha il termine, riproducendola e allo stesso tempo andando più in là, sperimentandone diramazioni e aperture, si stanno facendo largo, in una certa frangia di cineasti europei, alcune visioni estreme, radicali, dirompenti e distanti da un codice prescritto ma prossime ai generi (e al genere) e non dissimili da quest’idea di poetica.

In Les rencontres d’après minuit di Yann Gonzalez, o nell’inno alla notte parigina di Héléna Klotz, ad una città invisibile e lasciata nel fuori campo, a tratti post-apocalittica, brulicante soltanto di spettri e parvenze diafane (L’Âge atomique), c’è come un bisogno di transitare in uno spazio e tempo mediani, baluginanti tra la vita e il sogno, tramite l’artificio immaginativo, e il fantastico, facoltà respinte verso l’ignoto e rimandate infine allo stupore laddove, tuttavia, la “ragione” si arresta e le dissonanze di voci, generi, forme e codici esplodono. Il bagliore latteo del giorno è ora quello dei volti dei personaggi: Ali, Mathias, La stella, Lo stallone, La cagna, L’adolescente, pallidi, esangui, quasi fossero tutti – e non solo uno di loro – redivivi, reduci dalla morte del corpo e non è un caso che la stessa morte, personificata, polimorfa nella voce e nei ricordi evocati, a un certo punto si manifesti, forse per prenderli a sé, posto che non fossero già in un limbo. Ma le possibilità sono tante e l’unica certezza è l’atemporalità di questi personaggi, sei personaggi in cerca di amore e umanità, calore. «Piansi non appena ci riconoscemmo…» confessa l’adolescente, ricordando il momento in cui un altro animo sofferente simile al suo gli si era palesato. Les rencontres d'après minuit è per questo un film sul riconoscersi, sul ritrovarsi umani, nel desiderio, tra le pieghe della notte, al di là del mondo cupo, tempestoso, distruttivo che nei film di Gonzalez resta sempre nel fuori campo.

Anche in Un couteau dans le coeur Parigi viene nominata ma non la vediamo così come la scorgiamo appena nel film di Héléna Klotz, essendoci la sola realtà della creazione-finzione, cioè i set su cui si muovono i personaggi, e lo spazio del farsi progressivo della visione che il cineasta lascia collimare. L’immaginario queer a cui Gonzalez fa riferimento fin dai suoi primi corti viene qui risaltato dai corpi grotteschi ansimanti davanti alla macchina da presa di Anne, corpi e sessualità non conformi, che esigono in-definirsi, essere al mondo né uomo né donna come il personaggio di Tanguy in Les garçons sauvages di Mandico. O corpi che rivendicano il proprio desiderio e amore, come quello della stessa Anne, la fronte imperlata di sudore e le guance di lacrime, le membra percosse da ogni fremito alla vista della sua Lois, eco dell’assolutezza e del candore dei personaggi di Fassbinder, in questo caso Petra Von Kant, di cui Anne pare il riverbero, doloroso e straziante.

L’immagine e i piani si scompongono e la pellicola, in quella sorta di blow-up finale operato da Lois, diviene rivelatrice di verità. L'afflato onirico perde di vigore ma la prassi e  creazione restano ancora sognanti, acuminate e sognanti. Consapevole che nel discorso culturale contemporaneo - letteratura, videoarte, cinema, ad esempio - nulla si dà in forma pura, per cui ogni esperienza si svolge attraverso una pluralità di generi, codici, stilemi espressivi, in una specie di magma intersemiotico, di intreccio, cioè, dei suddetti canali in cui la componente visuale ha assunto un ruolo preponderante, Gonzalez si appropria della materia in un gioco vorticoso e reiterato di citazioni: al noir, all’horror e allo slasher, quei generi che l’hanno accompagnato” al cinema, come lui stesso sostiene giacché, in un certo senso, ad “iniziarlo” è stato altro, un altro tipo di cinema dal respiro più sostenuto che pur sempre ricorre nei suoi film (Pasolini, De Palma, Fassbinder...). C’è quindi tutto un lavoro sulla forma, sul riuso di un codice estetico e sulla sua de-composizione, vale a dire il carattere più lampante di questa nuova onda, e trasmutazione in una dimensione irreale, sonnambolica, che è ad ogni modo il riflesso di quella vera, di cui si scandagliano umori e inquietudini. Ed è qui, nella sospensione e "fuga dal mondo umano" di questo dream-cinema, il corpo del testo filmico sollecitato, dilatato nel tempo verso altri mondi lontanissimi e spazi interstellari, che si schiudono le incantate visioni di Gonzalez, quegli incontri dopo la mezzanotte in cui, prima che l’alba scorga, e l’amore, per contrappunto, rabbrividisca con il levarsi del crepuscolo, lontano dalla notte avvolgente in cui vuole stringersi – si pensi al climax finale di Les rencontres d'après minuit e all’ipersensibilità dei due protagonisti, su cui, inesorabile, il cineasta francese insiste – il notturno è il luogo del sogno e del fiabesco: uno spazio mitopoietico di cui ciascun personaggio è partecipe, o prigioniero. Così, mentre i sei personaggi raccontano le loro storie, in una sorta di quadro di boccaccesca memoria, le epoche si rifrangono, giustapponendosi, incuneandosi poi l’una nell’altra e si ritorna, per lo spettatore, a uno stato di cose primigenio, di percezione rapita e trasognata, fin quando la rêverie non avesse cessato di avvampare di desiderio: di vita.

[…] O quando o quando in un mattino ardente /l'anima mia si sveglierà nel sole /nel sole eterno, libera e fremente.

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