«Nei neri spazi interplanetari quegli sciami si sparpagliavano variamente, seminando polvere di meteore di abisso in abisso. Sperduti negli spazi infiniti, avevamo quasi smarrito il globo terrestre sotto i piedi e disorientati, senza più direzione, pendevamo come antipodi, a testa in giù , sopra uno zenith rovesciato, e ci aggiravamo fra quegli ammassi stellari, passando il dito bagnato di saliva lungo interi anni-luce di stella in stella. Così vagavamo nel cielo in lungo ordine sparso, disperdendoci in tutte le direzioni per gli scalini infiniti della notte: emigranti di un globo abbandonato, che saccheggiavano le sconfinate masse formicolanti di stelle.» (B.Schulz, Le botteghe color cannella).
Di stella in stella, di cielo in cielo, in ★ di Johann Lurf assistiamo ad un gioco di tempi in cui ogni frammento notturno viene strappato alla temporalità del proprio film per incastrarsi e concatenarsi come in un mosaico in un via vai di cieli stellati.
Apparentemente una composizione astratta, senza narrazione, in realtà la mano del regista dimostra di possedere un’abilità quasi chirurgica e compulsiva nel voler prelevare attimi temporali di volte stellate provenienti da altrettanti film della storia del cinema per impiantarli in quello che è il suo corpo finale. Il tempo ancora una volta, segue un percorso cronologicamente lineare per mostrare come lo sguardo s’impressioni in modalità sempre differente di fronte a questa ciurma luminosa che cavalca il cielo. Lurf nella sua ricerca ha mantenuto integri e immutati suoni, formato video, voci di ogni singolo frammento riflettendo sui cambiamenti che la lingua, la tecnica visiva, gli stili musicali, lo sguardo stesso di ogni regista, hanno subito nel corso della storia: si passa così dalle stelle di Voyage atour d’une etoile di Gaston Velle (1906) all’Etoile de mer di Man Ray (1928), dalle stelle di I walked with a zombie di Jacques Tourner (1943) a quelle di Stromboli di Roberto Rossellini (1950) e, ancora, frammenti stellari da The incredible shrinking man di Jack Arnold(1957) a Titanic di James Cameron (1997) e così, all’infinito, raccogliendo tasselli luminosi da più di 500 film.
Cosa cambia? l’atteggiamento che l’uomo ha di fronte ad un mistero invalicabile e il modo con cui egli cerca di rappresentarlo e quindi immaginarlo (nel Lexicon alchemiae di Martin Ruland infatti, l’immaginazione è la stella nell’uomo, il corpo celeste o superceleste): il titolo stesso altro non è che un simbolo perché questo film è soprattutto un dispiegarsi di tutte le possibili raffigurazioni visive di questi corpuscoli luminosi. Proprio per questo in ★ non c’è mai una fine- la stella è l’immagine mobile dell’eternità, secondo Platone - almeno fino a quando questa vastità per gli occhi non ci cadrà direttamente addosso. ★ infatti, è un progetto in itinere, diviene continuamente, si alimenta da sé di nuovi cieli e nuove interpretazioni, anno dopo anno.
«Restiamo immobili come le stelle. E tuttavia stiamo viaggiando con loro verso la stessa meta. Le stelle sono nostre contemporanee, nostre compagne di viaggio la loro apparente immobilità forse dipende da questo: avanziamo insieme.»1L-A. Blanqui, L’eternità attraverso gli astri, SE 2005 p.44.
Travolti da questo viaggio che non si ferma mai, Lurf sembra voler evidenziare come il cinema non smette mai di tornare in vita: se le stelle sono soltanto torce effimere che si riaccendono attraverso il movimento trasformato in calore, conflagrazioni di uno scontro reciproco così Lurf strappa alla vita di certi film alcuni tasselli portandone con se la loro morte, per farli risorgere attraverso questa sutura di frammenti in eterno movimento. in fondo non si tratta che di questo: il cielo stellato è lo specchio del cinema, punto luminoso, luce e buio, a volte così doloroso da incendiare occhi mutili di àncore, perché questa è l’unica maniera di spalancare la vista al cielo e al cinema, bisogna sporgersi e rischiare di bruciare.