Herzog preferisce camminare, lo ha sempre dichiarato. Lo preferisce come gesto etico, anzitutto, di contatto diretto con il proprio corpo e il mondo. Ma camminare, come ama spesso dire, è anche un esercizio dello sguardo, perché ti spinge ad osservare i dettagli del mondo mentre il tuo corpo si muove lentamente, al ritmo del tuo respiro (camminare ed osservare è la prova d’ingresso per gli studenti di cinema della sua folle e geniale Rogue Film School). Infine, camminare è un gesto mistico, come quello che lo spingerà a compiere il viaggio da Monaco a Parigi a piedi come voto per salvare la vita alla sua amica Lotte Eisner, gravemente malata. Camminare non è però solo un gesto dai molteplici significati, è anche un’immagine, un’idea. Un’idea di cinema, soprattutto. Camminare, in questa prospettiva, diventa l’immagine metaforica di una forma di montaggio, di costruzione dello sguardo filmico. È un’immagine che pensa il cinema come esplorazione, come presa d’atto di un mondo le cui connessioni sono possibili solo mediante un modo preciso di guardare e immaginare corpi, spazi, eventi e incontri.