Un corpo si muove nello spazio. Traccia traiettorie, misura con i passi la durata di uno sguardo, ma soprattutto prende coscienza di che cos’è un territorio: un’intelaiatura di segni, una struttura che si appropria dello spazio e, attraverso i nomi dei luoghi, (questa è l’Algeria, di là Marsiglia, in mezzo il mare e la speranza di incontrare un marinaio che ti porti via) ne definisce il senso.
E il senso di un territorio è quello di creare confini per separare quei corpi chiamati individui in nome dell’identità, che è la forza reazionaria con la quale un territorio attrae a sé coloro che gli appartengono e respinge quelli che non sono riconosciuti dalla sintassi dei toponimi. I corpi degli individui però, fatalmente guidati dalla casualità del moto, non possono che incontrarsi, persino nel deserto algerino, e riconoscersi come simili attraverso lo scambio di sensazioni, accomunati nella ricerca di un senso ulteriore a quello predefinito. Nel movimento ridotto dell’altro, nell’altrui girovagare sterile, ognuno vede riflessi i propri impedimenti, il proprio soffocamento. Persino il tempo sembra negato, come se avesse concluso la sua opera di logoramento delle cose, lasciate nella loro immacolata fissità di relitti immodificabili: ma senza il tempo il moto è impossibile, nulla può cambiare.
Se, oltre al bisogno, a spingere un individuo a muoversi è il desiderio attraverso l’evocazione per immagini dell’oggetto desiderato (che è sempre un qualcosa al di fuori di sé e che può coincidere anche con uno spazio, o un nome, reale come Anversa o immaginario come l’Amerika kafkiana), allora il cinema, che è immagine in movimento e che dà l’illusione di dare corpo al desiderio, non può che mettere in questione lo spazio dell’inquadratura, i suoi confini e i suoi segni. Gli individui reclamano tempo, di appropriarsi di altro tempo, di poter vivere un tempo altro.
Ecco allora l’inquadratura divenire un campo di forze che confliggono, con i corpi che subiscono l’attrazione dall’esterno e al tempo stesso tentano di sottrarsi all’influenza dell’interno: si entra in una casa e se ne vuole solo fuggire, si apre una porta dal centro buio dell’immagine e ne fuoriescono le figure di due amanti. Il dentro e il fuori da un territorio come il campo e fuoricampo cercano di dialogare, ma è impossibile: il fuori è impelagato in un altro ordine di segni, fatto di passaporti e permessi, al cui varco vigila la Statua della Libertà che con la spada impedisce l’ingresso nel paradiso americano, mentre dal di dentro si apre un vortice notturno, ottuso e poliziottesco, che risucchia a sé ogni possibile movimento in uscita.
Due corpi si muovono nello spazio. Lo stesso desiderio li anima, ognuno l’ha riconosciuto nell’altro. Il piano desertico del mondo sul quale sono stati gettati è una indecifrabile carta geografica. Gli unici confini che riconoscono sono quelli tra sé e coloro che si oppongono al moto e al tempo. La lotta per il movimento diviene un rigurgito accusatorio, il desiderio di ribaltare il giudizio cui vengono sottoposti contro un “voi” identificabile in chi dispone dei segni con i quali definire il territorio. Ma forse il loro movimento è un’illusione, è lo spazio a muoversi intorno, è Algeri, sempre in agguato, ad inseguirli radente sui muri per coglierli alle spalle e poi fuggire via, dileguandosi nel buio, come un deflusso di immagini, uno scivolare all’indietro, simile all’impressione che si ha nel viaggio, quando volgendo lo sguardo alle spalle si vede ciò che si lascia staccarsi da noi e venire risucchiato dall’orizzonte, per non tornare. Emigrare potrebbe essere un modo per scoprire se sia possibile affermarsi come corpo in uno spazio – un posto vale l’altro, Amsterdam come Parigi o Roma, piuttosto che voi.
Titolo originale: Roma wa la n'touma
Anno: 2006
Durata: 111
Origine: ALGERIA, FRANCIA, GERMANIA
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: NEFFA FILMS, INA, FLYING MOON FILMPRODUKTION
Regia: Tariq Teguia
Attori: Samira Kaddour, Rachid Amrani, Khaddra Boudedhane, Lali Maloufi, Rabie Azzabi, Fethi Ghares, Kader Affak, Moustapha Benchaïb, Ahmed Benaïssa.
Soggetto: Tariq Teguia
Sceneggiatura: Tariq Teguia
Fotografia: Nasser Medjkane
Musiche: Ornette Coleman, Archie Shepp, El Hachemi L'Kerfaoui Tchamba, Cheb Azzedine
Montaggio: Rodolphe Molla, Andrée Davanture
Riconoscimenti
Reperibilità
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