fitoussiAntoine esiste a giorni alterni. I giorni di esistenza sono occupati dalla presenza insostenibile del vuoto che verrà. Imprigionato in un presente senza legami, non possiede passato né immagina un futuro diverso dall’attesa che dilata le ore. Un giorno d’esistenza incontra Clementine e la percezione del vuoto svanisce finché gli mancherà lo spazio del ritorno.



Non ti credo
ma c’è chi giura che esisti,
forse non ti so cercare
o rassegnarmi a cadere
e tu giochi a nasconderti
non ti fai trovare,
sembriamo
due strani innamorati
ma io ti sento
qui alle mie spalle,
a volte mi sento toccare.
(Salvatore Toma)

C’è la vita che viviamo in prima persona e quella che gli altri percepiscono di noi. Ogni vita è una elevazione a potenza e una constatazione d’impotenza: mancanza e possibilità, ricerca e assenza, distanza e prossimità si alternano nella dilatazione contratta di gabbie spazio-temporali. Lo squilibrio tra esistenza e non esistenza, se c’è, è solo apparente: negli stati di veglia si percepisce costantemente una fine prossima e illimitata vissuta al riparo di spazi angusti che tengono compatta la paura dell’invisibile e aiutano a gestire l’insostenibilità di un tempo che non si calcola. 
Lo spazio (vuoto) lascia un’impronta tangibile del tempo (che manca), la periodicità della sparizione-separazione come fatto reale diventa un processo fisiologico di calcolata puntualità che ripetendosi si manifesta in quanto presenza, ed essendo anticipa la sua assenza. Per essere occorre un posto certo nel mondo, uno spazio non occupato dall’accumulo di quotidiane impolverate futilità, solo allora è possibile ritornare con il peso di un corpo legato all’Altro che conosce lo stesso strazio del vuoto e che contempla l’attesa come la promessa di un tempo ulteriore concesso all’esistenza-in-due.

La fedeltà alla partenza è una promessa impossibile da mantenere, l’attesa si consuma in spazi desolati e periferici o in stanze svuotate di ricordi affettivi: le inquadrature rigide di Fitoussi indugiano sulla centralità dell’immagine fatta di corpi-oggetti disposti immobili come in una natura morta o sorpresi in pieno sonno, abbandonati nella dimensione impensabile del proprio limite percettivo, ma sempre ritratti uno alla volta nell’alternanza di campi e controcampi in cui il soggetto resta solo. 

Diceva Cocteau: «il cinema è la morte al lavoro» perché non smette di approssimarsi al senza fondo dell’immagine, la vista testimonia così la fede nell’invisibile che scompare al tocco, una tangenza senza contatto. Il corpo che scompare sperimenta l’assenza sublime che è alterazione del mondo e implosione della vista; mancando di spazialità il corpo diviene ultracorpo intoccabile, un noli me tangere, esperienza stessa che la vista fa dell’invisibile. Senza questo insostenibile vuoto non ci sarebbero muri bianchi di calce e finestre aperte sul deserto, non ci sarebbe via di fuga e si resterebbe condannati a una vita insistente senza esistenza.

Nello spazio buio in cui è concesso alla rappresentazione di essere, quell’impronta del corpo segna la sua eternità, la sagoma impercettibile è ciò che rimane nella vastità dell’universo: «Quando i miei occhi saranno definitivamente chiusi non vedranno più apparire il paesaggio magnificamente, divinamente reale. […] Ci sarà ancora qualcosa di tenue, di palpitante, di piccolissimo? Più nessun dolore, né gioia, ma un fantasma dai ricordi confusi e lontani che mi darà un’anima? Quando quelle stesse generazioni saranno state rimpiazzate, quando gli ultimi uomini saranno scomparsi, quando terra e sole saranno stati inghiottiti, saranno confusi come me con il vuoto, resterà qualcosa di me nella parte più piccola di un atomo? Ci sarà solo polvere fluttuante nello spazio infinito? Ci sarà ancora un segno della mia esistenza? E che ho pensato all’eternità?».

Come nel finale di Professione reporter, il cinema è l’uscita (della vista) fuori (dalla visione), un levarsi del corpo oltre le sbarre di un sepolcro vuoto.





Titolo: Les jours où je n'existe pas
Anno: 2003
Durata: 114
Origine: FRANCIA
Colore: C
Genere: DRAMMATICO, FANTASY
Produzione: ACID, CNC, AURA ÉTÉ, THÉCIF

Regia: Jean-Charles Fitoussi

Attori: Antoine Chappey    (Antoine); Clémentine Baert (Clémentine); Luís Miguel Cintra (zio di Antoine); Antoine Michot (bambino).
Soggetto: Jean-Charles Fitoussi
Sceneggiatura: Jean-Charles Fitoussi
Fotografia: Céline Bozon, Aurélien Devaux, Thierry Taieb
Montaggio: Pauline Gaillard

Riconoscimenti


Reperibilità


Trailer

Tags: