Abbandonata dal suo fidanzato, Adèle, depressa e svuotata, va a vivere da sua cugina Rachel. Per dimenticare Mathieu e ritornare a vivere, le raccomanda Rachel, deve incontrare altri uomini…





Si chiamava Juliette e, timida, quasi a incollarsi alla parete di una discoteca, si innamorava, ricambiata, di Roméo. Si innamorava già prima di chiedere a lui, divertita, se  sarebbe stato, dunque, anche il loro un destino crudele: (ri)nasceva lì lo splendido La guerra è dichiarata (2011) rielaborazione di autobiografia, di vissuto, la malattia di un figlio di diciotto mesi degli stessi interpreti (la regista e Jérémie Elkaïm, ma c’era anche il loro vero figlio, nato da una relazione poi finita, a interpretare se stesso, anni dopo, ormai guarito); dramma  a cui la messa in forma riusciva a donare colori e umori inaspettati, giocando con la fantasia, la finzione, il desiderio, con il cinema.

A fare, cioè, del cinema, anzi a immaginarlo, a plasmarlo come in un’origine, nella grazia fragile, solo sognata, di una prima volta, un innamoramento scalfito in uno sguardo reciproco. Come - mutando solo le storie, portando la vita, i sentimenti da altre parti - nel seguente Main dans la main (2012) o, al principio, in La reine des pommes (2009), film d’esordio da regista della Donzelli, anche qui protagonista con Elkaïm. E qui, in una commedia che possiede la poetica levità di un volo libero, di una ironia dolce, di un movimento a sospendersi, a dilatarsi, di una (finta) confessione dell’autrice, nel senso del Truffaut di «fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio», ciò che la goffa e carina “regina delle mele” Adèle sa, o meglio, impara, dell’amore (con il titolo inglese del film, Queen of Hearts, che la eleva a sovrana di cuori) diventa il suo racconto in forma di diario involontario, aperto. Traiettorie esistenziali e sentimentali imperfette, tagliate, asimmetriche, un girotondo di scene, ripetizioni e variazioni, di attori mutati in figure, pure invenzioni del gioco, del raccontarsi meravigliosamente quasi impalpabile della Donzelli.

Mathieu se ne va, ad Adèle non resta che piangere e, talvolta, all’improvviso, cantare il suo dolore, immaginandosi, nei versi, nella musica che sentiamo con lei, anche donna hitchcockiana uccisa dal suo amante; Adèle, ancora, può diventare un disegno, un ritratto, del giovane sognatore Pierre che scopre di amarla mentre la osserva su una panchina addormentata dai calmanti che le ha dato la sua vicina; Adèle piange dopo le scopate con il borghese e sposato Jacques perché Mathieu, invece, non la faceva venire mai; Adèle si innamora del misterioso Paul che è sbucato dalle piante, assente agli appuntamenti successivi con lei e dispensatore di perversioni. Rachel le mostra finalmente l’occhio che a lungo le ha nascosto dietro un cerotto e Adèle lo fa diventare una medusa. Adèle sviene e si risveglia dopo giorni. Non c’è più nessuno, ora (Mathieu e gli altri “suoi” uomini avevano tutti il volto di Jérémie Elkaïm, Pierre compreso), e lei va in America.

Sin dal suo esordio dietro la macchina da presa, il cinema della Donzelli fa della Nouvelle Vague il suo desiderio, non ne saccheggia le immagini, ma guarda piuttosto a quell’immaginario diventato rivoluzione, immaginario che poi è un sentimento, un sentire il cinema, e dunque farlo, che sembra davvero appartenerle. Ecco perché non è sbagliato citare Rohmer, Resnais, Demy. E Truffaut, ancora, soprattutto. Aspettando Marguerite et Julien, che sarà la quarta regia della Donzelli, vecchio progetto scritto da Jean Gruault per l’autore di Effetto notte, che però poi rinunciò.
Intanto Adèle ha (re)incontrato un altro Pierre, le vrai Pierre, come lo definiscono i titoli di coda, ed è diventata regina.





Titolo: La reine des pommes
Anno: 2009
Durata: 84 min
Origine: Francia
Colore: C
Produzione: LES PRODUCTIONS BALTHAZAR

Regia: Valérie Donzelli

Attori: Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, Béatrice de Staël, Laure Marsac, Etienne Kerber, Vanessa Seward, Serge Bozon, Gilles Marchand, Lucia Sanchez
Sceneggiatura: Valérie Donzelli, con la collaborazione di Dorothée Sebbagh e Jérémie Elkaïm
Fotografia: Céline Bozon, Sébastien Buchman, Claire Mathon
Montaggio: Pauline Gaillard
Scenografie: Dorota Okulicz
Costumi: Elisabeth Méhu, Valérie Donzelli

Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=oX7hXFPrssc

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