[nella sezione "Signals" dell'International Film Festival di Rotterdam dedicata a Kira Muratova]
C'era una volta un re, seduto sul sofà... Come la famosa filastrocca che si può ripetere all'infinito, così è l'ultimo film di Kira Muratova, Eternal Homecoming. Un uomo va a trovare una vecchia amica per confidarsi sulla sua situazione sentimentale di difficile soluzione: è nel pieno di una liaison con un'amante, ma al contempo vuole ancora molto bene alla moglie. Quale scegliere? La domanda non ha risposta nel film ma innesca una, potenzialmente infinita, riproposizione della stessa.
La scena si ripete sempre con i medesimi dialoghi, anche se verso la fine la Muratova si diverte ad alterarli con ironia. Cambiano i due attori o la combinazione degli stessi, cambiano gli interni, sempre comunque riccamente decorati, con una costruzione dell'immagine sofisticata, in un elegante bianco e nero. Tutto è mutevole, tutto può cambiare. C'è solo un punto a rimanere fisso, un'opera d'arte astratta che è sempre la stessa in ogni segmento. Verso la metà del film ecco spiegato il trucco: in una scena improvvisamente a colori compaiono due personaggi che stanno visionando quegli spezzoni cinematografici. Sono un produttore e un potenziale investitore che devono decidere quale sia il migliore di quelli che si rivelano come prove di lavorazione per un film il cui regista è improvvisamente morto. I soldi scarseggiano e le logiche commerciali dovrebbero avere la meglio.
Un giochino fine a se stesso? Tutt'altro. Un film teorico sul cinema, e sull'arte, che contiene un concentrato delle tematiche della regista. Per ogni scrittura, per ogni soggetto, ci possono essere infinite possibilità di messa in scena. La fissazione è solo nell'astrazione. La Muratova parte da dove finiva uno dei più importanti film metacinematografici, Lo stato delle cose di Wenders: la morte del regista. E ne realizza una variante che contempla un analogo meccanismo di stasi. Non è per il blocco della lavorazione del film per l'improvvisa mancanza di fondi come in quel film, ma è l'impasse nella scelta tra le infinite forme possibili. Mentre le logiche commerciali dei rapaci manager del cinema sono sempre le stesse. Come ne Le cinque variazioni di Lars von Trier, con la differenza che qui le variazioni potenziali sono nell'infinito eterno ritorno, l'accento si sposta su “farsi” del cinema, sulla sua concezione in divenire che prima o poi deve fissarsi in una forma, per esigenze produttive di commercializzazione del prodotto. Come quei registi teatrali russi, come Lev Dodin, che concepiscono il teatro come una continuazione di prove, tendenzialmente indeterminata, che prima o poi deve essere forzatamente fissato in uno spettacolo.
Titolo: Eternal Homecoming
Titolo originale: Večnoe Vozvraščenie
Anno: 2012
Durata: 114
Origine: Ucraina
Colore: B/N - C
Genere: Drammatico
Produzione: Sota Cinema Group
Regia: Kira Muratova
Attori: Oleg Tabakov, Alla Demidova, Renata Letvinova, Sergey Makovetsky, Georgy Deliev, Natalia Buzko, Vitaliy Linetsky, Uta Kilter, Yuri Nevgamonny, Gennady Skarga
Sceneggiatura: Kira Muratova
Fotografia: Vladimir Pankov
Montaggio: Valentina Oleinik
Scenografia: Thérèse DePrez
Musiche: Valentin Silvestrov
http://www.youtube.com/watch?v=EdLMt7PSvqM