de la guerre11Dopo una notte passata accidentalmente dentro una bara, Bertrand, regista e uomo in crisi, si sente cambiato. Ora vuole ricercare il piacere, il senso di sé, e si ritrova  ben presto a far parte di una misteriosa “setta”.






La danza di un piccolo gruppo di uomini e donne in un bosco si mostra, prende forma, delirante coreografia rave, è immagine, visione di corpi, disarmonie perfette, traiettorie incontrollate nello spazio di trance ed ebbrezza, fra collasso della norma e torsione erotica, abbandono al dominio di un pulsare ipnotico. Dal giorno alla notte. Fino all’alba, al risveglio. Sequenza abbacinante, sospesa eppure pregnante, piena. Imprescindibile transito verso un oltre di disfacimento, di implosione del racconto, della sua struttura, sequenza-summa, al centro del film – votato al progressivo  sfarsi, perdersi, eliminarsi –, ma sequenza già al limite, già finale, già fissata. Dentro De la guerre di Bertrand Bonello. Film-spirale, isolazionista, privato, riflesso vero e distorto di appunti di viaggio astratto – fra realismo necessariamente infedele  e umori, sembianze, sedimenti dell’assurdo –, deposito di tracce sparse e invenzione di autobiografia, gioco cupo e ironico, stordita immersione nelle riserve incustodite del (non) senso, ingenua e feroce fuga, deriva. Ancora, forma-cinema che, come il suo protagonista, cerca e insegue rimasugli di resistenza al reale nell’addestramento al desiderio, morbidamente incastrata dentro l’ossessione di un movimento perpetuo.

Citazione in apertura: «Se non fossi Bob Dylan, sicuramente anche io penserei che Bob Dylan abbia molte risposte». Il regista Bertrand/Amalric (Bertrand come Bonello, alle spalle un lavoro con Laurent Lucas e il manifesto di Tiresia a casa sua) pensa e ripensa al suo nuovo film da realizzare. È confuso, le sue idee fragili, si smarrisce, gira in tondo, guarda eXistenZ alla TV e rinuncia a una serata con la sua escort, vagola nel buio. È in atto una crisi, professionale e, soprattutto, umana, già vista per altre vie in Le pornographe con Jean-Pierre Léaud. Una notte, in un’agenzia di servizi funebri, possibile location della pellicola da girare, finisce goffamente rinchiuso in una bara, esperienza che l’indomani descriverà a un enigmatico sconosciuto (Guillaume Depardieu) come sublime, estatica, deliziosa. Un annullamento, una sottrazione sensoriale. Ma «non posso passare la vita in una bara», aggiunge, e sarà  proprio lo sconosciuto a condurlo in un luogo in campagna, in un castello, “il Regno”, dove vive una strana comunità, Asia Argento – già diretta dal cineasta franco-canadese, fotografa mora e modella bionda, figura sdoppiata nel cortometraggio Cindy. The Doll Is Mine – qui è la sacerdotessa, si fascia il seno come una guerriera (o come una monaca), si ispira al trattato di strategia marziale Vom Kriege (Della guerra) del generale Carl von Clausewitz, promette ai suoi adepti di aiutarli a tornare a esistere, introdurli alla scoperta di se stessi, del piacere del corpo e dell’anima tramite ammaestramento marziale trasfigurato in esercizio mistico, posa new age. C’è anche una guida suprema (Michel Piccoli in un cameo), chiuso in una specie di sancta sanctorum, che vede solo lei e al quale andrà infine a confidare il proprio fallimento.

«Vorrei essere inebetito dalla vita», è la richiesta di Bertrand, guarda le foto di volti di indiani alla parete, «sembrano presenti», dice, mentre lui spesso non lo è e si sente altrove; nomade esistenza assopita si aggira ora nella casa del gruppo, che si fa proprio messa in scena e composizione di Presenza/Assenza, di spazi e figure in gioco plastico. Qui cerca l’esperienza di rinascita, cerca fino in fondo, mentre gli altri personaggi (a parte un giovane che si suicida),  svaniscono assorbiti nelle proprie code finali, come la sua compagna Louise interpretata Clotilde Hesme, come il Charles di Depardieu, come l’Uma dell’Argento. Dall’avvio comunitario si ritrova solo a fare la sua guerra nella foresta, in un abisso metaforico, angoscioso e grottesco, surreale e a inclinazione lisergica, il suo avversario animale nella foresta è soltanto suono, con esplicito rimando ad Apocalypse Now, in ribaltamento parodico, così come, per vaghi versi, a La sottile linea rossa. Impara improvvisamente a nuotare in un corso d’acqua, esperienza di rinascita, quasi come i bambini che sanno nuotare nel ventre materno, ma è catarsi effimera mentre «il regno sta sparendo e non contempla che il suo stesso piacere». Infine, la voce di Louise: «Hai avuto accesso a ciò che hai sempre cercato e ora non sai più che fartene. Non canterai mai come Bob Dylan, ma non importa. Sei qui. Finalmente sei qui». Il ritorno, un angolo di città, il rumore del traffico, la gente che passa distratta, una panchina… Bertrand in un istante dolce e beffardo,  titoli di coda come uno stacco provvisorio, sospensivo, mentre il film si prolunga nella mente, srotolandosi, svuotandosi, scarnificandosi lentamente.

Scommette sulle forme e maneggia identità, Bonello, con il suo cinema dell’accumulo e dell’eccesso (o del prosciugamento, come in Ingrid Caven, musique et voix), del dubbio e dello scarto, vampiresco e intimamente umanista, oltraggioso e vivo, dalle incrinature di Quelque chose d’organique al realismo estremo di Le pornographe, dalla riscrittura del mito di Tiresia, in un’impossibile propensione pasoliniana, sino allo strabordante L'Apollonide - Souvenirs de la maison close. E De la guerre, qui, è il fantasma, la visione abbagliante, diramazione di un cinema fuori (dal) tempo, che non esiste. Continuamente, ogni volta, cinema insieme aurorale e terminale.





Titolo: De la guerre
Anno: 2008
Durata: 130’
Origine: FRANCIA
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: LES FILMS DU LENDEMAIN, MY NEW PICTURE, CENTRE NATIONAL DE LA CINÉMATOGRAPHIE, CANAL+, TPS STAR

Regia: Bertrand Bonello

Attori:
Mathieu Amalric, Asia Argento, Guillaume Depardieu, Clotilde Hesme, Léa Seydoux, Laurent Delbecque, Elina Löwensohn, Aurore Clément, Michel Piccoli, Laurent Lucas
Sceneggiatura: Bertrand Bonello
Fotografia: Josée Deshaies
Montaggio: Fabrice Rouaud
Musiche originali: Bertrand Bonello
Scenografia: Antoine Platteau

Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=fTGK08_d7oY

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