Rapsodie

Sergio Grandolfo

altTempo e corpo, figura dell’assenza

Quella di Hou Hsiao-Hsien è un’immagine che si muove per mancanze, per assenze, va e viene lungo l'annerimento di gallerie e barbagli antelucani (Dust in the Wind), che ritornano (Goodbye South, Goodbye); scorre attraverso lumi e fumi d’oppio, tra battiti di palpebre (Flowers of Shanghai) che assopiscono la luce. Fluisce notturna, cadenzata da neon che fuggono dentro gli occhi, voltati a scrutare in volto lo scorrere lucente del tempo nel breve e lacerato tempo della carne, dando vita ad un’immagine discontinua, a salti1, per poi dissolversi, cadere nel buio (Millennium Mambo). Sono queste cadenze (dell’immagine) a lenire (e desiderare) la ferita della luce, come se fosse l’immagine a guardare, a battere le sue palpebre, ad annullare le distanze che separano luoghi e tempi, e a ricongiungere l’incessante vagare dei corpi, smagati ma desideranti per viali, paesaggi ed epoche Taiwanesi.

Luigi Abiusi

altSalpato da un porto di luccicanze, crepuscolo elettrico, cigolante già il proprio non essere più, la propria evanescenza accesa nel tremolio dei fari, Dead Slow Ahead è ecosistema di galleggiamento, di deriva, protratta avaria in acque morte. Vive in una massa, un’inerzia d’acqua-tempo stagnante nonostante il moto ondoso che si vede dagli spiragli dell’inquadratura: mare aperto e spume, fino a banchi d’acqua colloidale, che si muovono lentamente in una plaga bianca, come intima ossessione, lo slow, dello sbaraglio del mare.

Gemma Adesso

alt

Al loro spirito che aleggia, ad arte.

Cosa urge? È la domanda che tormenta «tutti quelli che si chiedono».
Cosa è Urge? Teatro, cinema o la domanda stessa che azzera il verbo per eccellenza.
Urge l’impossibilità di dire e di rappresentare uno qualsiasi tra i sensi se contemporaneamente accade di annegare e di asfissiare nei barconi o nel recinto che definisce la pericolosità di un essere. L’essere umano immerso in questa vastità c’entra quanto tutto il resto, che sia sogno o reale/leale, il suo voto è una para opinione (un letterale paradosso), la possibilità di una conoscenza alternativa. Scrivere di questa urgenza indicibile equivale ad assumersi il rischio della caricatura, perché la narrazione smagliata di Bergonzoni e la prospettiva multipla di Rodolfi si negano ostinatamente ad ogni interpretazione.

Vanna Carlucci


altSembra quasi che - nel cinema di Philippe Cote - l’occhio vaghi dentro uno spazio che ha fatto del tempo la propria estensione, un tempo che fa da sfondo al fondo dell’immagine: un movimento accelerato che diventa curvatura, torsione brulicante nella grana della superficie materica, dell’immagine che affiora dal proprio supporto, la pellicola.


Luca Romano

altIl movimento perpetuo della macchina culla il sonno dei passeggeri, gli spazi onirici che divagano tra le immagini che scorrono nel finestrino e i pensieri che si riflettono come le immagini nel vetro. Gli occhi di una bambina affrontano il passaggio con il sonno, la bocca si apre e il respiro diventa ritmico, ci si lascia cullare al di là dei paesaggi che la macchina attraversa.

Gianfranco Costantiello

fragil

«Terrore di amarti in un posto così fragile come il mondo
pena di amarti in questo luogo di imperfezione
dove tutto ci spezza e ammutolisce
dove tutto ci mente e ci separa».

Sophia Mello Breyner Andresen


 

Matteo Marelli


altDi passaggio da Milano, per la promozione italiana di Le mille e una notte distribuito in sala da Milano Film Network, siamo riusciti a incontrare Miguel Gomes. Del film, di cui già abbiamo detto in forma di frammento e pensiero in occasione dell'anteprima allo scorso festival di Cannes, torneremo a parlare, diffusamente, sul prossimo numero della rivista. Intanto, qui di seguito, l'intervista, da cui comunque partiranno le prossime letture che vi proporremo.

Matteo Marelli

alt«La questione al centro di Heart of a Dog è: che cosa sono le storie? Come sono fatte e come sono raccontate? Dall’inizio alla fine mi ha guidato lo spirito di David Foster Wallace, il cui “ogni storia d’amore è una storia di fantasmi” è stato il mio mantra.»


Leonardo Gregorio


Starlet. Si chiama così il suo cagnolino, anche se è maschio ma non importa. Una starlet è lei, che muove i primi passi e il suo corpo lungo e magro tra i set losangelini del porno con il nome di Tess Steele.





Valentina Dell'Aquila


alt«Io non sono mai stato innamorato, sono stato solo malato.»
(A. Ż.)


Naturalmente di tutti quei rovesci votati all'annientamento – a quello stato insomma che si fa cadavere dell'altro, nevrosi – ora non resta che una pallida risonanza. E quel che pareva essere rapacità per l'osceno, per il mostruoso, secrezione, mutilazione, bestiame, ora qui è candore.

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