Il sottotitolo di questo libro di teoria e critica militante di A. O. Scott, giornalista e capo della sezione di critica cinematografica del “New York Times”, recita così: «Imparare a comprendere l’arte, riconoscere la bellezza e sopravvivere al mondo contemporaneo». Allora, è senz’altro riconoscere la bellezza il tema più difficile che qui è affrontato.

Tant’è che più d’uno ha messo in risalto, in particolare, la rivisitazione, da parte di Scott, della vicenda del film Susanna! di Howard Hawks, che nell’edizione del 4 marzo 1938 il critico del “New York Times” dell’epoca, Frank S. Nugent, congedò sbrigativamente, mentre poi, nel tempo, esso sarebbe stato destinato sempre più a diventare (solidamente, fino ad oggi, con una sorta di nemesi), “la quintessenza della screwball comedy” (la stessa interpretazione di una strepitosa Katherine Hepburn era stata decisamente sottovalutata, se non stroncata). Per questo è arduo venire a capo, nella spaziosa avventura intellettuale e nell’indagine di Scott (che è un sentiero più che mai adatto a comprendere l’arte non solo filmica), di un filo conduttore e di principi di estetica –si sarebbe detto un tempo- universali. Pragmaticamente, per via indiretta, può valere comunque tra le altre, la significativa traccia di uno dei “vertici dello splendore” che Scott individua - ad esempio in un passaggio - in una recente annata cinematografica (il 2012), con l’uscita contemporanea di film del calibro di Lincoln, Re della terra selvaggia, Django Unchained, The Master, Amour, Zero Dark Dirty, e così via (p. 172).

Altra fulminante occasione per la ricostruzione di un possibile paradigma estetico è costituita da un momento assai stimolante di questo bel saggio: «La poesia stessa, tuttavia, resta rigidamente entro i suoi propri confini formali. La forma-sonetto, ereditato da Rilke da modelli italiani e inglesi, è apollinea nell’equilibrio e nella correttezza dei versi e delle strofe, anche se spesso (in Petrarca e in Shakespeare) si fa ricettacolo di passione e desiderio. Ciò che questa poesia sembra cercare è una sintesi di principi artistici antitetici, una sfida all’idea che un’opera debba essere o misurata, composta e razionale, oppure sregolata, sensuale e piena di sentimento» (p. 70). E, dal suo canto, l’introduzione di Scott sintetizza efficacemente, sotto forma di dialogo, il suo punto di vista complessivo: paradossalmente, parlando di un film di fantascienza che non appare proprio un film d’autore, The Avengers, in cui il regista Joss Whedon, mette insieme, in un’unica storia, diversi supereroi di fumetti impegnati a salvare il mondo (!).

A suo modo sontuosa, pur ricca d’ironia, di tensione e di trovate efficaci, essa è una pellicola, si direbbe, di divertimento, rumorosa e spettacolare, e con megascene di distruzioni, combattimenti e catastrofi. Tuttavia potremmo meglio entrare nella più che interessante idea di cinema che Scott ha di un’intera fase della storia più recente della filmografia americana tramite un aspetto particolarmente suggestivo di essa, se accostato, ad esempio, a uno straordinario prototipo come Blade Runner rispetto agli altri qui citati: «Registi come Quentin Tarantino o i fratelli Coen (per citare solo due dei casi più noti) frugano nel passato cinematografico per fare pellicole impregnate di storia che non assomigliano quasi per nulla ad alcun prodotto venuto prima. L’arte visiva dagli anni Ottanta in avanti, dopo che Warhol ebbe rimpiazzato Pollock come massima fonte d’ispirazione per i giovani artisti, ha ricombinato in modo risoluto l’iconografia e le immagini stesse del passato. Sono sbocciati così infiniti fiori di serra: dipinti basati su dipinti, fotografie di fotografie, fotografie di dipinti e manufatti facili da notare e difficili da classificare, considerati opere d’arte proprio perché non ascrivibili ad alcuna categoria» (p. 30). Del resto, egli si ferma volentieri, a proposito di arte di oggi, perfino sulle performance di Marina Abrahmovìc e sul suo discusso, ma reiterato successo.

Il ricavo finale del volume assai godibile deve la sua forza, alla fine, a una sorta di pedagogia dell’impegno civile dell’arte abbozzata da Scott, tutt’altro che greve e didascalica, giacché è una piccola guida per sopravvivere, nel mare d’incertezza dell’oggi, grazie alla fierezza del messaggio di libertà e di bellezza che proviene dalla poesia.

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