Matteo Marelli e Luigi Abiusi

Spring-Breakers-27«Fatevi sotto bambini/occhio agli spacciatori/occhio agli zuccherini». Dopo Spring Breakers il monito ferrettiano vede ribaltate le parti in causa: è il “gangster” a doversi guardare dalla beata ferocia delle adolescenti.
Harmony Korine mostra il lato ferino, orgiastico, brutale, che cova al di sotto del superficialmente innocuo e patinato immaginario giovanilistico. È tutto un catalogo di paramenti e orpelli inerenti per lo più allo scenario gangsta rap-pop: scarpe da ginnastica coloratissime, passamontagna fucsia, canotte, profumi, pistole-fallo, collane che scintillano in sequenze sempre musicate, che sarebbero videoclip d’accatto se non fossero inserite in un congegno perfetto, apparentemente ludico ma in realtà ludicamente e passivamente nichilistico.



È in questa chiave (di meravigliosa interferenza, fuori campo, del cinema nel cosiddetto reale) che va letta la scelta delle interpreti femminili, su tutte Selena Gomez e Vanessa Hudgens, prodotti di mercato dell’industria Disney elevati a rango di icone adolescenziali. L’adolescenza, che è termine di riferimento, non più associabile a una precisa fascia d’età, è condizione esistenziale, mentale e spirituale ormai protrattasi oltre quelli che sarebbero i consentiti limiti anagrafici; un modus-vivendi trans-generazionale fecondo di giovani corpi terrorizzanti, dai lineamenti contraffatti di automi senza più niente di personale che li caratterizzi da dentro. Maschere di iniziazione barbarica rese infide dalla stereotipia. Segmento decisivo della strategia dei consumi, le adolescenti di Korine incorporano instancabilmente mode, merci, etichette, unici contrassegni ancora capaci di funzionare come dispensatori d’identità. Effigi di un perverso processo di cosalizzazione, di cosificazione, dispensatore di marche identitarie. Sono i prodotti di cui fanno uso (dai giocattoli alle armi) a caratterizzarle (hanno la testa piena di stereotipi, e agiscono di conseguenza), non quello che pensano o quello che dicono; ovvero quello che dicono in quanto intermediari del brutale dettato della merce televisiva.

Spring Breakers è un palinsesto in costante regime allucinatorio, dal fulgore fluorescente e carne di fica (gonfia sotto mutandine), di capezzoli (turgidi, continuamente in tiro), di tinte acide e ossigenate, di denti metallici; che sta sul pelo dell’acqua, salvo inabissarsi per un momento, traendone un certo estemporaneo volume di senso. Non a caso sequenze topiche nel film sono quelle in cui le ragazze immerse in piscina sognano di non tornare più a casa, completamente rapite ormai da quello che loro intendono come un posto molto spirituale (la Florida delle feste e dei bivacchi, muniti di alambicchi da fumo, di imbuti, fusti, alcool succhiato da tubi di gomma, piste di bamba); o la sequenza in cui le due bionde rampanti fanno sesso con James Franco, tra dentro (l’acqua) e fuori; laddove la macchina da presa oscilla sulla superficie inabissandosi a tratti, in breve apnea. E quell’amore (carnale e orgiastico) colto da quelle inquadrature subacquee, affiora nel finale a fior di labbra (acquisendo un senso sentimentale, morale) quando le due baciano il rapper-trafficante abbattuto, mostrando (veramente?) amore.
Quella che Korine mostra, affidandosi al pullulare dei significanti (ma con affioramento di significati) è la stessa bieca umanità postapocalittica di Gummo, che nel frattempo è cambiata, passando dalla superficie ruvida delle icone (un degrado che aveva in sé il proprio senso) a quella patinatissima e pop di queste vacanze di primavera; parafrasando Benjamin, Korine può così riuscire a introdurre la riproduzione dell’originale in situazioni che all’originale stesso non sarebbero state accessibili, accrescendo le potenzialità di contestazione dell’opera nei confronti delle logiche spettacolari.

Spring Breakers
è un trip di febbrile iperrealismo, esaltazione parossistica del dettaglio saturo di senso, del gommoso, frenetico alternarsi dei significanti; un mondo totalmente artificiale, di una luminescenza anomala, del tutto particolare, che insieme mostra il visibile e lo altera radicalmente. Vero capolavoro e archetipo di un neopostmoderno che si esprime attingendo all’enorme deposito di youtube, di facebook, Scarface, Calvin Klein, into the face, youporn, MTV, jizzonline, spermshack, chicks inside, look at my sheeeit, cumshot, gangbang, mother fucker, shit, suck; suck mother fucker, io succhia succhio, io fare amore lungo lungo… be beautiful on the inside… and three meters above the sky. I wanna fly.


Filmografia

Spring Breakers (Harmony Korine 2012)