a vida invisivelDifficile non perdersi in quest’opera maestra che segna il ritorno alla regia di un grande cineasta qual è Vítor Gonçalves. Memoria, o forse sogno, di un tempo perduto, riattivato dalle immagini di un film in 8mm trovato in un appartamento abbandonato; immagini che nascondono uno sguardo, che sussurrano qualcosa, che conservano un enigma, nella grana che le compone.


Nella spirale dei ricordi, la luce filtra a mala pena, e Hugo, o la sua ombra, può ripercorrere le tristi giornate che hanno preceduto e succeduto la scomparsa di Antonio, suo amico e suo superiore al Ministero, come anche quell’ultima in cui ha visto Adriana, la donna che amava. Gli interni, spogli e funerei, trattengono un odore di morte, imprigionano fantasmi, distorcono il tempo. Non vi sono esterni in questo film, ma solo sguardi sull’esterno, attraverso finestre, vetrate, tende bianche come uno schermo sui cui proiettare i paesaggi – ecco gli esterni – ripresi nel misterioso film in 8mm. Il cinema come apertura.

A vida invisível sorprende per la sua capacità di raccontare il dolore e la solitudine, l’ineluttabilità del tempo, la ricerca del senso. Può essere che Vítor Gonçalves non arrivi a filmare l’invisibile, dove solo de Oliveira, forse, era riuscito, ma riesce a restituirne la vibrante percezione: così, immergendosi finalmente nella luce, Hugo ritrova la voglia di vivere, ché «Il cinema è la vita» (Godard).