Michele Sardone

miyazakiI sogni fanno male: non tanto al sognatore che persegue tenacemente il sogno, quanto ai suoi affetti, che si vedono logorare i legami e che, a loro volta, non possono che bilanciare tanta incuria nei loro confronti se non con superiore attaccamento, fino a distruggere se stessi. Le forme carnali e imperfette dei corpi infatti non possono sostenere l’eterea natura dei sogni se non diventando a loro volta evanescenti come fantasmi, ricordi o rimpianti, nebulosi come i respiri di una malata nel gelo di una montagna.


Miyazaki (che qui, più che a Walt Disney, come in troppi dicono, sembra accostabile a Cronenberg) ricerca la forma perfetta dei sogni, macchine volanti che permettono di staccare i piedi da terra e raggiungere dimensioni altre, dove non esiste infezione o malattia. La perfezione di una carlinga, la fascinazione di una superficie metallica liscia, senza difetti, l’organizzazione delle tubature e l’esattezza dei congegni, il ritmo impeccabile del pistone al lavoro: tutte qualità che hanno anche i suoi cartoni animati, ma che mancano nei corpi umani, se non, appunto, attraverso la morbida trasfigurazione cui vengono sottoposti dal suo tratto.

Ed è anche un dialogo tra la mano e il foglio reso possibile dalla mediazione dalla matita, guidato dai calcoli regolatori della tecnica, correlato oggettivo tra quello irrisolto fra realtà e desiderio che si incontrano in una dimensione altra, quella della creazione, raggiunta attraverso l’immagine, perseguita con fervente applicazione. Una dimensione che Miyazaki ha dichiarato di voler abbandonare, dato che The wind rises sarà il suo ultimo film, o alla quale forse desidera abbandonarsi, e raggiungere i sogni, i ricordi: l’infanzia durante la seconda guerra mondiale, il padre fabbricante di componenti per aerei, tra i quali il formidabile caccia “Zero”, progettato da Jiro Horikoshi, protagonista del film; la madre morta di tubercolosi, malattia che affligge la sposa di Jiro. I sogni uccidono, è inevitabile; ma prima di diventare loro vittime ci si può anche illudere di scegliere come viverli.