avranasTutto si apre con una caduta, il film stesso è la caduta. Lei, l’undicenne sorridente, cade. Si sporge e va al di là della sua possibilità di corpo, subisce la gravità e affonda. Un po’ come andare al di là delle proprie possibilità, guardare fuori e credere di poter far qualcosa di simile al volare. Scavalca e subisce il peso del suo stesso corpo giovane e destinato alla morte.


Il peso è anche il peso dello sguardo, di uno dei pochi piani sequenza, che scende lentamente. Ma finisce tutto lì? Potrebbe. Prima della caduta c’era la famiglia, sostanza su cui si fonda il film, la stessa sostanza che più volte è stata analizzata, che più volte è stata raccontata, lo stesso spazio strutturale all’interno del quale si fonda la politica. Ed è uno scintillio il festeggiamento della famiglia media borghese pieno di finta felicità che ci rimanda alla violenza della famiglia intesa come costruzione sociale, è Moravia: "la famiglia in sé è insopportabile come istituzione", ma da Moravia ci sentiamo così lontani già dalle prime scene. In Moravia, nei suoi libri, era la famiglia classica ad essere atrocemente insopportabile, qui, invece, sin dalle prime scene è evidente una stortura familiare. C’è un solo uomo, il nonno, e ci sono le sue figlie e i suoi nipoti. La famiglia è innaturale e il mostro è messo lì, mostrato, espresso completamente nella sua mostruosità, il mostro ammicca, le vittime ammiccano. Sembra che Avranas stesso voglia ammiccare abbandonando la complessità dell’esistenza, creando un mondo facile fatto di buoni e cattivi, un mondo in cui sembra quasi che la famiglia normale, canonizzata, cattolica, fatta di padre, madre, figli e nonni sia l’ambizione assoluta. Niente di più facile.

Ma durante la caduta non c’è solo questo, c’è il sangue della seconda figlia che spezza la costuzione familiare, c’è il ballo della nipotina, c’è la chiusura all’interno dell’ambiente domestico, c’è una continuo richiamo a Lanthimos, un continuo ammiccare a ciò che si è già visto. Ma in Lanthimos la famiglia non è solo ambiente domestico, è anche struttura statale, è la violenza della costruzione, è la violenza del possesso, è complessità, biopotere, nessun protagonista è buono o cattivo. Lanthimos è più vicino a Moravia nel desiderio eterno di comprensione, nello spostare lo sguardo in una continua ricerca, ma se al contrario i buoni e i cattivi sono riconoscibili e se al pubblico viene chiesto d’esprimere un giudizio netto, la comprensione è avvenuta, non c’è più alcun mistero, il mondo è finito, noi esseri umani non abbiamo più niente da fare.


http://www.youtube.com/watch?v=wUZoRetf1ds