Sono passati quasi due anni da quando Mario Monicelli decise di porre fine alle sue sofferenze e farla finita con la vita. Oggi nel film documentario Monicelli. La versione di Mario – presentato a Venezia 69 nella sezione "Classici" – lo ricordano con affetto, ma senza alcuna retorica, cinque registi, Mario Canale, Annarosa Morri, Felice Farina, Wilma Labate e Mario Gianni. Il racconto è affidato alla voce inconfondibile dello stesso Monicelli, cui fanno pendant foto, immagini di repertorio e le testimonianze di quanti hanno avuto di frequentarlo, frutto di un lungo e accuratissimo lavoro di ricerca (del resto, a Canale e Morri si devono alcuni tra i più importanti documentari sul Cinema realizzati negli ultimi anni, tra cui ci piace ricordare almeno Marcello una vita dolce, Marco Ferreri, il regista che venne dal futuro, Vittorio D.).
Diviso in cinque capitoli (Mestiere, Origini, Risate, Confidenze, Politica), La versione di Mario ripercorre la carriera del regista viareggino, dai suoi inizi come umorista del «Marco Aurelio» alla collaborazione con Steno, dai lavori con Totò ai grandi successi della commedia italiana fino agli ultimi anni della sua vita; ma al contempo ci offre il ritratto di un uomo dalla fortissima tensione etica (che si traduce nel grande impegno civile degli ultimi anni della sua vita) e dallo sguardo aperto, senza alcun pregiudizio, sul mondo. Il tutto con un montaggio serrato e con un tocco quanto mai leggero, che probabilmente lo stesso Monicelli avrebbe apprezzato. Dei cinque capitoli che compongono il film, la nostra preferenza va all'ultimo, quello in cui emerge il sarcasmo gramscianamente appassionato di Monicelli, la sua capacità di intervenire sul presente e soprattutto la sua fiducia nei giovani: chissà se un giorno le "Brigate Monicelli" saranno in grado di mostrarci che un altro mondo è possibile.