Ipnotico lo è sempre stato, il cinema di Jim Jarmusch. Only Lovers Left Alive (titolo magnifico) ne è la conferma preziosa. Un film che dice tutto di sé fin dalle inquadrature iniziali, che esiste e si definisce, e da lì si espande, nel doppio movimento circolare e ripetuto del disco che gira sul giradischi e della macchina da presa che circonda, dall’alto e poi sempre più da vicino, i corpi addormentati/svegli, lontani/vicini, degli amanti senza tempo e senza età (Tilda Swinton/Eve e Tom Hiddleston/Adam). Perché Only Lovers Left Alive è inondato dell’umorismo minimale che contraddistingue il lavoro del cineasta americano, qui dichiarato, com sublime tatto, soprattutto nella scelta dei nomi dei personaggi. Solo gli amanti restano vivi, solo loro sopravvivono nei secoli di fronte a un’umanità che sa solo, anche in questo caso ciclicamente, perpetuando i disastri già commessi, auto-distruggersi.
I vampiri amanti di Jarmusch sono inorriditi dagli zombi che popolano la Terra, sono attratti da altre galassie, da una luce musicale esistente in un altrove che è necessario, oltre che affascinante, immaginare. Sulla Terra vivono nascosti: Eve a Tangeri, nei vicoli della città, nelle stanze di un appartamento o in quelle di un bar che ne nasconde altre, segrete (dove soggiorna, anziano e infine morente per avere bevuto sangue infetto, un altro vampiro, il drammaturgo Christopher Marlowe/John Hurt); Adam a Detroit, musicista rinchiuso in una casa-museo d’oggetti musicali e di contaminazioni fra vintage e tecnologia. Lontani (a Tangeri e Detroit nella parte iniziale) e vicini (a Detroit nella parte centrale e poi insieme a Tangeri in quella finale), gli amanti. In quest’opera divisa in tre atti eppure densa come un’unica immagine stratificata in una moltitudine di sovrimpressioni.
Jarmusch dà al film un ritmo ipnotico e magico, che rimane intatto nelle due ore di durata. Only Lovers Left Alive è un viaggio nel cuore della notte e del buio (come il capolavoro di questo festival, The Immigrant di James Gray). Adam e Eve, e la sorella di Eve, Ava (Mia Wasikowska, meravigliosa quanto Swinton e Hiddleston, e tutti gli altri interpreti), esistono come in un infinito surplace, sostano (im)mobili su un divano o dentro un’auto esplorando le strade deserte di Detroit e i ruderi di quella che fu una splendente città industriale ora ridotta al declino, fantasma di se stessa (alla mente torna il documentario soggettivo di Julien Temple Requiem For Detroit? del 2010). Perché Only Lovers Left Alive, oltre a essere altamente cinefilo e musicofilo, e intriso di una letteratura da consumare con passione (emblematica, al proposito, la scena con le mani e gli occhi di Tilda Swinton che toccano e leggono pagine di libri antichi) è anche un film politico che s’incammina, con i suoi protagonisti, in lande abbandonate dove la prossima guerra potrebbe essere quella per l’acqua.
Bisogna restare vivi. E per farlo, dovendosi nutrire, non casualmente Eve e Adam scelgono di “convertire” al loro stato, e non uccidere, nella scena finale, una giovane coppia che si bacia. Anche in quell’istante, Jarmusch è ipnotico, divertito e divertente. Profondamente umano.