C'è una sequenza, in Zombi Child di Bertrand Bonello, frenetica, dai ritmi convulsi e spezzati, quella dell'incantesimo voodoo finale, in cui luoghi e momenti lontani si giustappongono, nel film due secoli differenti, contorcendosi su una linea temporale immaginifica, appannaggio puro della dimensione surreale, nel senso di un qualcosa che transita sopra la realtà effettiva, cui fa capo tutto l'andamento del film.

A rifrangersi sono due epoche precise: nel 1962 ad Haiti un uomo viene riportato in vita dal mondo dei morti per poi essere mandato a lavoarare nell'inferno delle piantagioni di canna da zucchero; essendosi trasformato in zombi, vive in uno stato di trance continuativa e ininterrotta fino al presente della vicenda raccontata. Più di cinquant'anni dopo, nel prestigioso collegio della Legion d'Onore a Parigi, dopo essere stata ammessa nella loro congrega, una specie di matriarcato irruento ed enigmatico, un'adolescente haitiana confida alle sue compagne di scuola il segreto che da decadi condanna la sua famiglia.

Il moto propulsore della storia sono di nuovo e come in Nocturama gli adolescenti, sempre nelle loro ambiguità, angosce. Inaspriti dalla possibilità di un futuro che non può né deve realizzarsi, dall'inattuabile prospettiva di un "post" rispetto a un presente catatonico e vuoto, come nel caso degli adolescenti terroristi di Parigi, o da spettri del proprio passato, dai resti di una catastrofe culturale, la schiavitù, e naturale, il terremoto in cui hanno perso la vita entrambi i genitori della protagonista. E in Zombi Child questo passato continua a rivivere nelle visioni della ragazza che lo ridesta e tiene a sé per mezzo dello spiritismo, dell'evocazione, violenta e spaventosa, dei suoi spettri, di modo che nulla si dimentichi. L'ambiente è in questo caso però più ristretto, circoscritto al solo dormitorio di argentiana memoria (spazialità specifica e non casuale) e sembra che l'epicità e i connotati a tratti sensazionalistici di Nocturama lascino il posto a un afflato più intimista, quasi docile, riuscendo a suscitare la medesima cupezza.

Nel cinema di Bonello i corpi messi in scena sono sempre dimidiati, ce n'è uno carnale, plastico, visibile e un altro fantomatico, che si riassembla nel corso del temp: in Tiresia attraverso la conoscenza di sé nell'altro, seppure dilaniato, spezzato dall'ossessione; in Nocturama per mezzo di una condivisione di idee nello stesso tempo incandescente e apatica, quasi fossero quei ragazzi rivoltosi gli stessi zombi da esorcizzare (non è un caso che, una volta nel centro commerciale, agiscano quasi alla stessa maniera degli zombi di Romero, indossando gli abiti del consumismo) e in Zombi Child  tramite frammenti e cocci di memoria: rievocando, da parte della protagonista, la brutalità dello schiavismo, reso dal cineasta attraverso una lente deformante, quella del genere e della riproposizione dell'immaginario - trito e ritrito - dello zombi, da cui però Bonello sa come distanziarsi, proponendo delle soluzioni formali, nella rappresentazione estetizzante e ispirata a una molteplicità di codici, e contenutistiche aderenti a una concezione di fare cinema personale, mai doma e in costante divenire.

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