Sono trascorsi 30 anni da quando «Society – The Horror», esordio registico di Brian Yuzna, fu presentato alla rassegna Fantafestival di Roma suscitando reazioni contrastanti. Negli Stati Uniti il film fu distribuito nelle sale nel 1992, solo 3 anni dopo la sua realizzazione (1989). Dopo il periodo dell’edonismo rampante di «reaganiana» memoria che aveva caratterizzato la «società» degli anni '80, nei primi anni '90 la televisione americana «scopre» i segreti di Twin Peaks e l'«icona» della famiglia non sarà più la stessa. Non è più tempo di teen movie o commedie sentimentali dalla rassicurante patina. Beverly Hills è lo spazio emblematico dell’american dream: l'art déco di sontuosi appartamenti, le leggendarie palme, i vip che sfoggiano eleganti abiti e automobili esclusive mostrandosi felici. 

In Society il sogno diventa un tormentoso incubo e quei luoghi assistono a inquietanti verità: esseri (dis)umani che sono eccellenti esponenti della upper class , apparentemente attraenti e di saldi valori, che cannibalizzano coloro che provengono da ceti meno abbienti, si nutrono delle loro paure e si «confondono» con la normalità. Il fascino (in)discreto della borghesia di spirito «buñueliano» incontra la seduzione viziosa dei corpi escrescenti di Cronenberg per costruire un body horror ante litteram. Il cannibalismo che il regista mette in scena però è di origini «freudiane»: la bocca morde senza divorare, le labbra suggono per lique-fare e incorporare gli organi che toccano, eroticamente si fondono come quelle di un infante con il seno della madre che esige di introiettare il latte per la sua urgente sopravvivenza.

L’orgia famelica è il compimento fondamentale della prima fase (orale) di un processo psico-sessuale che diventa socio-politico ed è il principio della modalità di relazione con il mondo: infatti gli accadimenti propedeutici ad un finale sconvolgente (ma anche di perverso umorismo) sono basati sulla parola. Bill, il protagonista dubita di quello che vede nella realtà o nella sua immaginazione e racconta le sue impressioni ai parenti, agli amici, allo psicanalista, a scuola durante un’assemblea studentesca. Si confronta con persone di «natura» narcisistica, (in)centrate sul proprio ego; gli altri esistono solo nella misura in cui (si) possono offrire, come «pasto nudo» per una ingorda suzione.

Alla fase orale segue quella anale: Bill insulta suo padre con l’espressione «faccia da culo» e subentra l’espulsione/negazione delle figure genitoriali/istituzionali, durante l’orgia ciò che era verbo diventa carne. Nella successiva fase fallica si evidenziano le pulsioni incestuose da cui il giovane prende le distanze, seppure a volte tentato (egli intravede dietro un vetro smerigliato il corpo della sorella mentre si fa la doccia con i seni sulla schiena). Nella fase conclusiva (genitale) Bill dovrà appellarsi a tutta la sua energia («esplosione» ormonale) e alla sua aggressività per affrontare la lotta (di classe) con i suoi «vicini» (indimenticabile lo scontro con il suo epigono Ted di cui riesce a rivoltare il corpo con gli organi interni in bella mostra) e uscirne indenne. Il ragazzo fuggirà con Clarissa, la donna che ama, avendo maturato la coscienza della sua identità e della sua (op)posizione sociale.  I due amanti non saranno più solo dei corpi «feticcio» del capitale (alla stregua di sexy dolls), vittime dei riti «sacrificali» e degli «appetiti» di una comunità (la sensuale Devin Devasquez era una promettente playmate e Billy Warlock sarà una delle star di Baywatch).

Nella scenografia psicanalisi e surrealismo (come nella storia del Novecento) sono in simbiosi e lo stesso Screaming Mad George sembra essersi ispirato alla pittura di Salvador Dalì per i suoi effetti speciali di rara potenza visiva/espressiva.  Come nelle sequenze più ardite e oniriche del film, nel dipinto Il Grande Masturbatore è possibile rilevare simboli fallici (che tradiscono un’angoscia castrante), lingue ferine e labbra voluttuose che mimano una fellatio o si sfiorano per un bacio in uno sfondo dallo stile barocco. In «La persistenza della memoria» si ri-trovano strutture molli (orologi de-formi che non possono segnare il tempo della quotidianità sfuggendo a qualsiasi dimensione reale o fantastica): sono oggetti in liquefazione/putrefazione che rivelano la forza di plastiche energie invisibili ma incontenibili.

Questa rappresentazione del subconscio sprigiona la sua vis immaginifica e genera l’orrore/alienazione della convivenza in Society, quel «disagio della civiltà» che Freud descrive come la tensione, l’ombroso scarto tra l’istintiva e primitiva libertà dell’individuo e la cultura razionale e repressiva delle istituzioni. Questo inevitabile dissidio è destinato ad infondere sentimenti di eterna insoddisfazione negli uomini governati dalla libido: esiste una timocrazia che regola l'accesso al potere e al piacere. Non si tratta di una casta di alieni ma di soggetti addestrati all’esercizio della sottomissione/sopraffazione. I titoli di coda al cinema scorrono al ritmo di valzer «sul bel Danubio blu», composto da Strauss con note che esortano i rappresentanti di ogni rango (dai contadini ai finanzieri) a tornare a ballare durante il carnevale, nonostante i venti di guerra. È il caso di levare i «lieti calici»: «Libiamo!».

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