«Ognuno, in fondo, è al centro del suo universo», scriveva Niccolò Cusano ne La Dotta Ignoranza. E non c’è forse figura migliore di quella del regista, dell’autore di cinema, per raccontare questo x-centrismo che è frutto di un’illusione prospettica, di una visione che causa, in molti casi, un errore epistemologico. Michel Gondry, esempio massimo di un cinema eternamente in lotta tra egodistonia ed egosintonia, in cui il solipsismo collide costantemente con la sua volontà di aprirsi al mondo, si immagina al centro del pianeta nel suo ultimo film in stop-motion: Maya, donne-moi un titre.