Thomas Verniaz è un disegnatore di fumetti francese senza più ispirazione e con una famiglia che sente lontana. Un treno sbagliato lo porta nel suo paese natale dopo 25 anni di assenza. Colto da malore, sulla tomba della madre, si ritrova nel luglio del 1967 nel suo corpo di quattordicenne. Tenterà di cambiare il passato, impedendo al proprio padre di abbandonare un giorno moglie e figli.
Inseguire una farfalla con lo sguardo e poi cadere in una specie di trance dalla quale ci si risveglia adolescenti. Una vertigine temporale ci immerge in un'altra dimensione, già vissuta da Thomas coi suoi affetti e turbamenti, già assaporata coi suoi profumi tipici della provincia. Il nastro si riavvolge, si resetta tutto e si torna al punto zero, al “trauma originario”: una caduta in bicicletta. Proprio su quella curva che porta al cimitero, dove passato e presente si incrociano e si riannodano, come dopo un lungo sonno durato più di trent'anni.
Dal luogo per antonomasia della morte, si ri-scopre la vita, la giovinezza. E poi l'amore devoto per l’angelica madre che si ammalerà di depressione. Ma anche l'amore per una compagna di scuola (benché sacrificato per stare più vicino alla famiglia). Si ri-nasce dal grembo-sepolcro materno con in dote una seconda possibilità, un destino su cui intervenire, per non lasciarsi questa volta travolgere dagli eventi. E per scongiurare il pantano della noia in cui si è sprofondati in età matura.
Quell'improvviso capogiro interrompe il blackout di Thomas spalancando un abisso spazio-tempo ancora tutto da percorrere (o da ri-percorrere). Sulle tracce della figura paterna, così oscura e così enigmatica, e perciò suscettibile di svelamento. Nei giorni precedenti alla partenza del signor Verniaz, il ragazzo lavora sugli interstizi di tempo, nel tentativo proprio di evitare l'irruzione dell'imprevedibile e di correggere in anticipo la traiettoria della narrazione. Interrogando più volte il padre, impassibile e taciturno, cerca di intercettarne umori, pensieri, debolezze e inquietudini.
L'uomo, che confessa di non aver mai scelto nulla nella sua vita (ha ereditato il negozio di sartoria dalla propria famiglia), assume comportamenti “misteriosi” per il figlio, che arriva a pedinarlo come un detective: ogni domenica finge di andare a pesca mentre in realtà si siede davanti al fiume a meditare; oppure, cura e assiste di nascosto una donna, che poi Thomas scoprirà essere soltanto un'amica e non l'amante come inizialmente sospettava.
La sceneggiatura, tratta dal celebre manga giapponese del maestro Jirô Taniguchi In una lontana città, gioca sapientemente su un doppio binario (padre/figlio) che, lentamente, si rivela speculare l'uno all'altro. «Forse lo capirai quando sarai grande come me...» - con queste parole il genitore si congeda alla stazione il giorno del suo quarantesimo compleanno, mentre il resto della famiglia lo aspetta a casa per festeggiarlo.
E nell'epilogo, Thomas di nuovo adulto, giunto di fronte alla propria abitazione, sceglie anch'egli di cambiare direzione. Dopo la vertigine di tempo, ecco la vertigine di senso. Il racconto rimane sospeso su un lacerante “non detto”. Qualcosa di inesprimibile accomuna due esistenze segnate dall'insoddisfazione, dalla sofferenza silenziosa, dalla ricerca di un'identità. Il cinquantenne che attraversa il suo paese trascinando stancamente un trolley, ricorda il padre e la sua fatica di vivere.
«Ho smesso di vivere ancora prima di invecchiare» - dice il professor Manasquier ne L'uomo del treno. Film non citato a caso, quello di Patrice Leconte, in quanto narra di due uomini dai destini convergenti, che finiscono per somigliarsi. All'interno di una scrittura su più piani (presente, passato e futuro), che scivola in continuazione dall’uno all’altro. Ma in Quartier Lointain il futuro appare unicamente sotto forma di “segreti” che il protagonista racconta alla sorella, come se fossero favole.
Siamo dunque più nei dintorni dell'universo Truffaut (Gli anni in tasca) che dei viaggi nel tempo ad effetti speciali anni Ottanta targati Zemeckis. L'attenta e misurata regia di Garbarski, si distingue soprattutto per una gentilezza e una verginità di sguardo a cui di rado siamo abituati. È questa la prospettiva giusta per raccontare una storia. Se ne convince anche il disegnatore, a digiuno di ispirazione da ben due anni. L'ultima inquadratura, con l'uomo che si allontana da casa nella notte parigina, si trasforma in una tavola di un fumetto: forse Verniaz ha finalmente trovato una storia nuova per illustrare il suo prossimo libro...
Titolo: Quartier Lointain
Anno: 2010
Durata: 99
Origine: FRANCIA, BELGIO, LUSSEMBURGO
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)
Produzione: ENTRE CHIEN ET LOUP, ARCHIPEL 35, SAMSA FILM, PALLAS FILM, LES ATELIERS DE BAERE, RTBF, RHÔNE-AL PES CINÉMA, WILD BUNCH
Regia: Sam Garbarski
Attori: Pascal Greggory (Thomas Verniaz adulto); Alexandra Maria Lara (Anna Zorn in Verniaz, la madre); Jonathan Zaccaï); Bruno Verniaz, il padre); Léo Legrand (Thomas Verniaz ragazzo); Laura Martin (Sylvie Dumontelle); Laura Moisson (Corinne Verniaz, la sorella); Pierre-Louis Bellet (Rousseau); Tania Garbarski (Nelly); Laurence Lipski (Rachel); Louis Bianchi (Godin ragazzo); Théo Dardenne (Chabrot); Augustin Lepinay (Jules); Puline Chappey (Emma); Juliette Lembrouk (Alice); Evelyne Didi (Mémé Yvette); Sophie Duez (Catherine); Lionel Abelanski (Godin adulto); Clément Chébli (Ragazzo alla Mostra di fumetti); Patrick Zimmermann (Dottor Dumontel); Jacques Berenbaum (Insegnante di Latino); Jean-François Wolff (Supervisore); Charlie Dupont (Controllore); Odile Mathieu (Insegnante di matematica).
Soggetto: manga "In una lontana città" di Jirô Taniguchi (ed. Rizzoli)
Sceneggiatura: Jérôme Tonnerre, Sam Garbarski, Philippe Blasband
Fotografia: Jeanne Lapoirie
Musiche: Air
Montaggio: Ludo Troch
Scenografia: Véronique Sacrez
Costumi: Anaïs Romand
Riconoscimenti
Reperibilità
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