«Mai dimenticarsi. Con le piccole dimenticanze si è rovinata tutta una vita.
Dimenticare è una tragedia. Per una rosa»
(Per una rosa, Marco Bellocchio)




 


Assenze evanescenti assumono la forma di presenze fantasmiche, là dove gli spazi tra una dimensione e l’altra aprono varchi tra le tenebre, filtrando il chiarore di un barlume, si avverte la consistenza delle tracce che i corpi amati lasciano sparse. Ciò che si è smarrito, amato, desiderato, pur attraverso una sostanza diversa, quella del ricordo, permane ed è tangibile. Così le persone amate hanno un’aura particolare che le rende vive agli occhi, e soprattutto nel cuore, di chi le ha amate. Emozioni, sensazioni, affetti si muovono tra le immagini e quello che vediamo sullo schermo è il modello fenomenico di un sentire profondo e carnificato. I luoghi sono intrisi dei turbamenti, delle trepidazioni e dei sentimenti, «tutto è visibile e tutto è elusivo, tutto è vicino e tutto è intoccabile», come dice Octavio Paz, in Il fuoco di ogni giorno (Paz 1992); gli ambienti raccontano storie, le storie degli uomini e delle donne che si sono incontrati e sfiorati, che hanno condiviso momenti, nella commedia della vita, che sovente mostra il suo volto tragico. E in sottofondo potrebbero scorrere le parole e le note dei Death in June, «Hide from the sun, Life, an icy tear, Rivers of blood, Serenade my lungs, To drown a rose».

La materia filmica assume un corpo, anarchico e indipendente, anche nella sua assenza racconta di sé, nella mise en scène del vissuto, di un passato cristallizzato nel presente,  «Non abbiamo neppure idea di quel che può un corpo nel suo sonno, nella sua ebbrezza, nei suoi sforzi e nelle sue resistenze. Pensare è apprendere quel che può un corpo non-pensante, le sue facoltà, i suoi atteggiamenti o posture» (Deleuze 1989).
Tutto gravita intorno a un piccolo bar, punto d’incontro e di confronto tra anime. Ricordi, rimpianti e il dolore delle anime ferite. Una donna, la proprietaria del bar, chiusa nei suoi silenzi, un giovane, forse segretamente innamorato della donna, un uomo che ha perso il suo amore e i personaggi che gravitano nel piccolo locale di Bobbio, si raccontano, mettendosi a nudo, davanti agli occhi di una ragazza, Elena, appena diciottenne, in cerca di lavoro. Storie che emergono dal buio, sul farsi del giorno e all’inizio di una giornata lavorativa, eredità della notte, dei sogni che indossano le vesti degli incubi e diventano la realtà del quotidiano.

Racconti di un’umanità affranta dal dolore e dagli abbandoni prematuri, affiorano dalle ombre e con la luce abbacinante di un giorno estivo placano, apparentemente, le sue sofferenze. Le parole e il conforto delle persone asciugano le lacrime e ammansiscono i dispiaceri. «Shot in the dark, A flame across the sea, We're going down in history. To drown a rose. To share a dream. The sickness of death. In your eyes - In your schemes» (To drown a rose, Death in June).
La matassa narrativa si srotola nell’arco di una giornata, un’emersione dalle paure che accompagnano i viaggi notturni fino alla placida quiete dei caldi bagliori diurni, mentre le ore si spiegano, rasserenando gli animi con la consolazione della vicinanza dell’altro e nella consapevolezza dell’inevitabile scorrere dell’esistenza, tra gioie e turbamenti, ripensando a Gertrude Stein, «Rose is a rose is a rose is a rose…».

Le amarezze di ciò che poteva essere, dell’invisibile reso visibile e delle presenze fantasmiche che aleggiano nel ritrovo, sono osservate con attenzione dallo sguardo della giovane, elemento esterno alla narrazione e al fluire della storia, in un certo senso l’occhio dello spettatore. Così avviene la tanto agognata liberazione dai timori, una rinascita, quasi battesimale, nell’acqua, mai statica, ma in movimento, mutevole e fluente, che monda dagli affanni della vita. Il bar chiude al crepuscolo, la sua fauna si dilegua e Elena si tuffa tra le acque del fiume che attraversa Bobbio, tra le chiacchiere e le risate con le amiche, mentre il paese si prepara ad affrontare di nuovo la notte. «Tra l’andarsene e il restare dubita il giorno, innamorato della sua trasparenza. La sera circolare è già baia: nel suo quieto viavai oscilla il mondo.» (Octavio Paz)

Le sfumature dell’animo umano sono portate sullo schermo da Bellocchio, declinazioni emotive, paure e desideri, maneggiate con eleganza e rispetto. Il corpo bellocchiano è un corpo pensante, in cui il pensiero politico e l’estetica convivono, in cui le immagini offrono allo sguardo incanti animati da fantasmi di cui si percepisce la presenza lungo tutto l’evolversi dell’iter filmico. Non manca un sottile filo di ironia che rende più lieve la narrazione di un racconto in cui sono presenti i temi legati alla storia personale del regista, come il suicidio, eterno fantasma che, forse, tenta di esorcizzare. Una pulcherrima rosa, che mantiene vivi gli affetti e il cui profumo si percepisce anche in sala, è il tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, per rendere questi ultimi sempre presenti, perché non si deve dimenticare, mai. Per una rosa, cortometraggio fuori concorso di Marco Bellocchio, presentato in anteprima mondiale a Locarno70, realizzato con i ragazzi della scuola Fare Cinema, è una splendida sinfonia, una poesia in cui è condensato tutto il cinema del regista di Bobbio. Diciotto minuti sono sufficienti a rapire il cuore ma si vorrebbe fossero infiniti. E si torna a Paz: «nel centro di un occhio mi scopro; non mi guarda, mi guardo nel suo sguardo. Si dissipa l’istante. Senza muovermi, io resto e me ne vado: sono una pausa.»


Bibliografia

Deleuze G. (1993): L'immagine tempo, Ubulibri, Milano

Paz O. (1992): Albero interiore (1976-1987) in Il fuoco di ogni giorno, Garzanti, Milano, traduzione di Ernesto Franco





Titolo: Per una rosa
Anno: 2017
Durata: 18’
Origine: Italia
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: KAVAC FILM

Regia: Marco Bellocchio
 
Attori: Elena Bellocchio (Elena), Vanessa Scalera (proprietaria del bar), Corrado Invernizzi (Corrado), Irene Baratta (donna bionda), Jacopo Di Nuzzo (barista), Francesco Manuel Barigozzi (Annibale).
Sceneggiatura: Marco Bellocchio
Fotografia: Marco Sgorbati
Musiche: Carmine Razzano, Lilio Rosato
Montaggio: Claudio Misantoni
Art Director: Massimiliano Ticchiati
Costumi: Daria Calvelli

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